A voi i “bidoni”, a noi i campioni!

Le soddisfazioni che i milanisti si sono tolti sull’Inter sono molte e non tutte provengono dal campo (l’ultima delle quali risale allo scorso 6 agosto, 2-1 e i supercampioni d’Italia siamo noi).

Altre soddisfazioni che riempiono d’orgoglio i milanisti derivano dall’altra metà del cielo dell’universo calcio: il mercato. Due casi in particolare sono entrati nella storia degli affari del calciomercato. Partiamo dal primo, correva l’anno 2001: Andres Guglielminpietro, detto Guly, indimenticata meteora vincente dell’annata 1998-1999 (suo il gol che sbloccò Perugia – Milan, la partita decisiva) passa alla Pinetina dopo due stagioni in chiaroscuro. All’Inter disputerà due stagioni, ma il posto da titolare lo vedrà col binocolo.

Al Milan arriva invece un certo Andrea Pirlo, considerato un talento inespresso e destinato a non esplodere. Sappiamo che andrà proprio come pensava l’intellighenzia nerazzurra e i 2 scudetti e le 2 Champions sono lì a testimoniarlo, insieme ad una Coppa del Mondo, 2 supercoppe europee, una italiana e una Coppa Italia. Ancelotti lo spostò da dietro le punte a dietro i mediani, lo inventò regista davanti alla difesa, vertice basso del rombo che ha conquistato il mondo e riscritto le regole della geometria calcistica. Pirlo è stato per il gioco del Milan ancelottiano (e anche leonardiano) fondamentale come le ruote di una supersportiva. Solo grazie a lui, il gioco partiva, solo grazie a lui c’erano fluidità e lanci lunghi. L’infortunio dell’anno scorso lo ha messo un po’ ai margini, e Allegri ha preferito puntare su una fascia mediana più fisica, collocando al suo posto Mark Van Bommel. Non una bocciatura, ma un tipo di gioco diverso. Oggi Pirlo è alla Juve e per noi milanisti vederlo creare gioco come solo lui sa fare in un’altra squadra è una scena che non abbiamo ancora metabolizzato.

Conoscendo la sua classe e il suo talento e vedendolo in testa alla classifica, augurargli “Buona fortuna” è controproducente, quindi ci limitiamo ad un “Grazie Trilli! Di tutto!”.

Ma torniamo al passato, precisamente a 9 anni fa. L’altro clamoroso scambio oggetto di analisi è quello che porta Clarence Seedorf a lasciare la Pinetina per fare posto a…Francesco Coco! Inutile dire che Coco da mezz’ala col vizietto dell’assist (chi non ricorda l’intesa perfetta con Oliver Bierhoff?) si è involuto in una pallida imitazione di quello che fu. Dopo un anno in prestito al Barcellona, con 33 presenze e 0 gol, avviene lo scambio. Il primo anno sotto la guida di Cuper va anche bene, ma poi numerosi infortuni ne condizionano la carriera, fino a portarlo fuori rosa nei primi mesi della stagione 2006-2007, sebbene dopo un buon anno al Livorno. In 3 anni e mezzo alla Pinetina Coco colleziona 41 presenze e 0 gol. Poi il prestito al Torino e l’addio al calcio del settembre 2007, a soli 30 anni, dopo aver rescisso consensualmente il contratto che lo legava all’Inter.

Mi sono dilungato su Coco più che su Seedorf perché è Coco il negativo della foto dell’affare. La versione a colori è fin troppo nota. Classe, colpi di genio, numero 10 dal 2006, sempre protagonista in mezzo al campo e vicino alle punte, nonostante la convivenza con campioni quali Rui Costa, Kakà, Ronaldinho, Beckham, Robinho, Cassano. Tanti trionfi (gli stessi di Pirlo), tanti gol (60 in 9 anni), tante emozioni vissute con lui e grazie a lui. Due esempi al volo: il 3-2 sull’Inter, che suggella la rimonta nel derby del 21 febbraio 2004 e il 2-0 al Manchester del 2 maggio 2007, semifinale di ritorno della Champions (la partita, come tutti voi ricorderete, finirà 3-0).

È anche da queste storie che si ricorda quale sia la parte giusta del naviglio.

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