Il lieto fine di quelli che ce l’hanno fatta

La tragica fine di Morosini ha sconvolto, lasciando in consegna un week end senza calcio, surreale e drammatico come non mai. Ci si è fermati per rispetto, di un ragazzo di appena 25 anni volato via troppo presto, ci si è fermati per pensare, riflettere e ricordare. Ricordare un calciatore non troppo conosciuto dal grande pubblico, letteralmente vessato dal destino ma coraggioso, tanto coraggioso da rialzarsi dopo ogni dramma della sua vita, ma non solo.

Lui, il “Moro”, ci ha provato a rialzarsi, ancora, per altre due volte. Inizialmente ci era sembrato, o avevamo sperato, fosse inciampato sul terreno di gioco. Capita, uno scarpino allacciato male, una zolla mal disposta, la scelta sbagliata dei tacchetti. Poi abbiamo capito. Abbiamo capito ma allo stesso modo abbiamo continuato a sperare, a sperare che fosse inciampato nella vita ma che non fosse finita. Negli occhi avevamo ancora il nostro di lieto fine. Quel Cassano, colpito da ischemia, operato e tornato in campo, con tanto di idoneità, a tempo record. Sei mesi lo abbiamo aspettato, per sei mesi abbiamo seguito ogni suo progresso: dalla prima volta a Milanello, alle corse, alla partitella fino ad arrivare a San Siro in quel Milan-Fiorentina che ci ha tolto il primato in classifica ma, cosa più importante, ci ha restituito un uomo sano, prima ancora che un campione.

Ce lo siamo tenuti stretto Fant’Antonio, sabato più che mai. Come i tifosi del Bolton, appresa la tragica notizia dall’Italia, devono avere simbolicamente abbracciato Fabrice Muamba, costretto in un letto di ospedale, dal 17 marzo scorso dopo l’arresto cardiaco che lo ha colpito proprio sul terreno di gioco, ma sorridente. Sani e salvi, il calcio ci restituisce anche loro, quelli che ce l’hanno fatta, si sono rialzati e hanno continuato a vivere. Antonio e Fabrice, per ricordarci che non è tutto così nero. E che poi sì, i miracoli accadano: il cuore riprende a battere regolarmente e si torna a sorridere.

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