Il numero 10 a Ibra o Cassano? Quando il nostro 10 era lui…

La classe balcanica. La tenacia croata. Uno dei pochi venti dell’est, insieme ad Andriy Schevchenko, Pavel Nedved e Hristo Stoichkov, in grado di spazzare via le ferree consuetudini delle difese continentali. Un vento nato a Imoschi l’8 ottobre 1968.

La luminosa stella di Zvonimir Boban, detto Zvone o Zorro, sorge grazie a Fabio Capello, che da allenatore del Milan campione di tutto lo vuole in rossonero. Boban arriva in Italia nell’estate del 1991 e il primo anno lo trascorre in prestito a Bari, dove cresce e si ambienta nella Serie A. Il suo debutto avviene il 17 novembre 1991, in un Bari-Lazio terminato 1-2. Ha 23 anni. L’anno dopo entra nella rosa del Milan e comincia la sua trionfale cavalcata, rendendosi protagonista di tutti i successi rossoneri di un decennio.

In ordine scudetto ’93, scudetto 94’, Champions ’94 (titolare nel 4-0 rifilato al Barcellona), scudetto ’96, scudetto ’99, più varie supercoppe in ordine sparso. Gli è mancata purtroppo la Coppa Intercontinentale per fare l’en plein (il Milan perse infatti sia nel ’94 che nel ’95, quando vi partecipò al posto dell’Olympique Marsiglia, vincitore della finale sul Milan e poi squalificato dalle competizioni internazionali per lo scandalo VA-OM).

Nella conquista dello scudetto numero 16 risulta decisivo. È il vero asso nella manica della compagine di Zaccheroni, calato al momento giusto, quando 7 erano le partite mancanti alla fine del campionato e 7 erano i punti da recuperare alla super Lazio di Sven Goran Eriksson.

Emblematica la partita di Torino che lanciò definitivamente i rossoneri alla conquista del 16° tricolore. Boban servì un assist semplicemente perfetto per il definitivo 2-0 di George Weah (doppietta per lui quel giorno). Lui e Ganz sono stati davvero le armi in più di quella storica rimonta, in grado di ispirare e spingere la squadra verso la realizzazione del sogno.

Boban vestiva quell’anno la maglia numero 10: e niente fu più appropriato in quanto il croato riassumeva su di sé tutte le caratteristiche del numero 10: precisione, forza, capacità di regia, fantasia. Un vero mostro sacro del calcio anni ’90, capace anche di trascinare l’anno prima la sua nazionale, la Croazia,  al terzo posto mondiale a Francia ’98, arrendendosi in semifinale con i padroni di casa (che poi trionferanno) e battendo nella finale 3° posto l’Olanda. Un’impresa mai riuscita ad una squadra debuttante al Mondiale.

Il 3 agosto 2001, al termine di un’annata storta del Milan, Boban lascia Milanello, dopo 9 stagioni, 251 presenze e 30 gol. E nessuno ha mai provato a contare gli assist perché sarebbe un’impresa titanica.

Si trasferisce in prestito al Celta Vigo, ma lì resta solo fino a ottobre. All’età di 33 anni decide di smettere.

Oggi fa il fantasista in un’altra squadra, quella di Sky, con commenti sempre obiettivi e puntuali. E anche da lì quest’anno ci ha infiammato, esattamente come quando serviva giocate strepitose in campo: mi riferisco al dopo partita di Milan – Juventus, quando Antonio Conte ai microfoni di Sky osava mettere sullo stesso piano il gol di Muntari col fuorigioco di Matri. All’allenatore juventino che gli intimava di togliersi la maglia prima di commentare, Boban ha risposto: “Ma toglitela tu!”, respingendo l’arrogante e sbagliata provocazione di Conte. I due poi si sono chiariti pochi minuti dopo, con Conte che in diretta gli ha chiesto scusa.

Dallo scranno dell’opinionista, Boban ha dimostrato tutta la sua intelligenza, che non appartiene solo al rettangolo di gioco. Tra l’altro Zvonimir è anche laureato in storia. E questa è un’altra peculiarità di questo straordinario giocatore rossonero.

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