Milan con la difesa a 3: l’ipotesi stuzzica, ma è poco realizzabile

D. Mariani – Vicedirettore SpazioMilan.it

Quasi non si riesce a farne a meno, una rincorsa frenetica verso l’elemento nuovo che arriva dal passato. La moda della difesa a 3 ha ormai preso il sopravvento sulla Serie A e non dà segnali di “stanchezza”. Diffusa negli anni ’80 (prima dell’avvento di Arrigo Sacchi sulla panchina del Milan), è oggi pane quotidiano di mezzo campionato (nove squadre su venti), con alcuni estremi degni di nota: l’esperienza di Mazzarri, nel Napoli e non solo, la convinzione di Guidolin nell’Udinese e la mossa vincente di Conte con la Juventus. Funziona.

TRE squadre, TRE difese contro TRE, TRE motivi per dire sì. La nascita della dimensione europea della squadra azzurra, i miracoli di quella friulana e la nuova bacheca bianconera in via di sviluppo. E anche Allegri ci sta pensando.

Senza mai ammetterlo con decisione, ma lasciandola passare come soluzione possibile in corso d’opera. Sarebbe una prima volta, sarebbe la mossa della “disperazione”. Un tipo di schieramento che richiede un numero esaustivo di uomini per coprire le diverse zone del campo, soprattutto la giusta predisposizione per metterlo in pratica. Ecco perché numericamente, con Bonera, Yepes, Zapata, Mexes e Acerbi, la difesa a 3 del Milan sarebbe comprensibile. In più, sulle fasce, ad agire nel centrocampo a cinque di spinta, ci sarebbero Abate e De Sciglio ed Emanuelson con manifeste e maggiori doti in fase avanzata, più che il contrario.

Manca però l’esperienza (Zapata a parte) di un nuovo modulo mai stato nelle “corde” di questi protagonisti, specie quest’anno in un nuovo reparto arretrato, ancora in fase di costruzione e alla ricerca della solidità che non c’è. La soluzione giusta al momento sbagliato.

Il problema più che tecnico è caratteriale, ma in un ambiente che ha assoluto bisogno di una scossa (anche psicologica) vera per “tornare ai vertici” come ha consigliato Galliani, con due settimane piene di lavoro, chi può escluderla a priori?

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