L’addio di Pato, il flop del Milan. E vincendo a Roma la media punti è da Champions

D. Mariani – Vicedirettore SpazioMilan.it

E’ stato amore a prima vista, ma il finale ha del clamoroso. La storia di Pato e il Milan (e quella con Barbara Berlusconi?) è durata solo 5 anni, ma è bastata per creare una confusione tremenda tanto che viene quasi da tirare un sospiro di sollievo dopo la sua, imminente, cessione. Dal 2008 Pato era talento, speranza e futuro, dopo il 2010 solo un problema. Flop. E se si aggiunge che nel 2007 il suo acquisto è costato 22 milioni di euro, la maggiore cifra di sempre spesa per un minorenne, e nel 2013 verrà venduto per circa 15, le ragioni dell’errore di mercato del Milan sono chiare. Ma perseverare sarebbe diabolico.

L’occasione per fare l’affare è ormai passata il 13 gennaio 2012, al termine di un incomprensibile pomeriggio d’inverno dove Galliani prima a Milano dice sì ai 35 mln del PSG per Pato e poi vola a Manchester per prendere Tevez al suo posto. Sembrava cosa fatta ma Berlusconi, dopo un’attenta riunione famigliare, si oppose. Alla fine non ne è valsa la pena. Alexandre in quelle ore concitate si nascose dietro ad un comunicato ufficiale pieno d’amore, dove diceva di “non voler interrompere la carriera in rossonero dopo aver vinto i miei primi due trofei con questa maglia, continuando a scrivere la storia del club. Leggerlo adesso fa un certo effetto. Ma l’evidenza parla anche di un Pato che nel 2009-2010 è stato il capocannoniere del Milan davanti a Kakà ed Inzaghi, oltre ad essere un protagonista decisivo (vedi la trasferta di Chievo e il derby del 3 a 0) dello scudetto di Allegri di due anni fa. Di numeri per diventare un campione ne aveva anche troppi, di muscoli per niente. I suoi infortuni, cominciati nel 2010, sono ormai diventati famosi in casa Milan e unici all’esterno per disegnare il profilo di un giocatore che non ha voluto prendersi la squadra sulle spalle, recitando il ruolo di prima donna insofferente e mai di leader carismatico.

Ma se la soluzione, l’unica, di questo mercato di “riparazione” è quella di liberarsene, le colpe del Milan non mancano: cominciano dall’averlo potenziato in fretta e male fisicamente e finiscono nell’essere obbligati a cederlo velocemente al Corinthians (la differenza rispetto al costo della trattativa dell’anno scorso è di 20 milioni) per evitare di tenersi in casa un peso e poi regalarlo tra qualche anno. Diverso è il caso di Robinho, che in poco tempo si è fatto più apprezzare di Pato e ha deciso di tornare in patria dopo tanti anni in giro per il mondo: in entrambi i casi la loro carriera in Brasile non sarà mai così significativa e promettente come quella in rossonero.

Tornando al presente e dando la parola al campo, domani sera contro la Roma la vittoria è cruciale, l’importanza della partita è la più forte di inizio stagione. Perché il Milan sta recuperando punti ma è ancora staccato dal vertice: c’è bisogno di correre, ma senza farsi male… Una sconfitta farebbe precipitare i sogni rossoneri di rimonta, un successo vorrebbe dire 30 punti in classifica dopo 18 giornate. La media sarebbe di 1,6 punti a partita, tradotto 63 punti alla fine del campionato e zona Champions ad un passo. L’anno scorso, infatti, l’Udinese terza in classifica concluse la Serie A con 64 lunghezze. Strano ma vero, il Milan e la Champions, aspettando ancora il Barcellona, non sono mai stati così vicini.

Impostazioni privacy