Il gol, nemico e sconosciuto: il reparto d’attacco piange a dirotto

Il calcio è fatto di cicli e di situazioni mutevoli. La fissità è una sorta di ‘una tantum’ che si verifica raramente, e “la ruota gira” è forse la metafora più attinente al mondo del pallone. Eppure, al Milan, da un po’ di tempo la medaglia mostra sempre la stessa faccia, cupa e negativa, e dell’altra non c’è traccia. Il periodo no non è più un periodo ma sta diventando routine, sia per i risultati che per le prestazioni.

In questa condizione ormai ossidatasi è finito anche l’attacco rossonero, assente ingiustificato ormai da troppe partite. L’unico a tenere in piedi il reparto è anche quello su cui si nutrivano i dubbi maggiori: il figliol prodigo Kakà, tornato a ricoprire il vecchio ruolo di trascinatore. Per il resto c’è ben poco da salvare. Balotelli è ormai l’ombra cattiva di se stesso, nervoso, inconcludente e anche impreciso dal dischetto. Matri è tutto volontà e niente sostanza, un’anima in pena che vagabonda nell’area avversaria alla ricerca disperata del gol perduto. Robinho tra i tre al momento è il meno peggio ma ieri ci siam ricordati che di certo non è uno che fa miracoli.

Cosa può cambiare (se qualcosa può cambiare)? Innanzitutto la fortuna, che ora ci ha disconosciuti e che si spera possa tornare dalle nostre parti. Poi, il recupero degli infortunati, El Shaarawy e Pazzini, che potrebbero dare una scossa al reparto che più di tutti piange. 8 gol complessivi dagli attaccanti, meno di quanti ne ha fatti da solo Rossi (11). La sterilità dell’attacco deve subire un’inversione netta altrimenti saranno guai seri. Speriamo che questo accada e che soprattutto basti ad uscire da questo profondo (rosso) nero.

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