Camisasca (Vescovo di Reggio) racconta i suoi 5 anni accanto al Milan: “Sono rossonero da sempre”

Ha vissuto il calcio da vicino dal 1986 al 1992, nel periodo in cui ebbe vita anche il grande Milan di Sacchi. E’ inconsueto che un uomo di chiesa partecipi in maniera così profonda alle vicende del campo, eppure per lui è stato così.

Monsignor Massimo Camisasca, oggi Vescovo di Reggio Emilia, è stato cappellano dei rossoneri per diversi anni, ma l’incontrò scatto ai tempi di Liedholm: “Incontrai per la prima volta la squadra in occasione di un’udienza concessa da Gio­vanni Paolo II. Poi la società mi chiese se ero disposto a cele­brare la messa per i giocatori. E così quando il Milan giocava in casa, il sabato partivo da Roma e mi fermavo a Milanello fino alla domenica mattina”.

Una passione, quella per il Milan, nata con lui: “Desidero molto condividere un pezzo della vita di tanta mia gente e tornare do­po molti anni allo stadio. Sono milanista da sempre, con un fratello gemello interista, ma non mi chieda per quale squa­dra farò il tifo”.

Parole di stima per Sacchi: “Di lui ammiravo la passione sconfinata per il calcio e la capacità di finalizzare ogni cosa allo scopo. Allo stesso tempo, pur nella sua intransigenza, era un uomo con cui era piacevolis­simo stare e di cui era ed è bello essere amici. Le parole che ha usato quando sono diventato vescovo di questa diocesi mi hanno commosso. Per correttezza non parteci­pavo alle riunioni tecniche, ma da lontano lo vedevo raccoglie­re per ore i suoi giocatori per trasmettere i suoi precisissimi schemi. Era evidente la sua enorme preparazione prima di ogni partita. Non a caso poi ar­rivarono le grandi vittorie. Ri­cordo ancora i viaggi in aereo per le finali di Coppa dei Cam­pioni a Barcellona e a Vienna. Devo dire che da Sacchi ho imparato davvero molto. In particolare, come prepararsi a ciò che ci è chiesto nella vita, nel silen­zio e nel raccoglimento. Arrigo mi ha insegnato che non si può mai improvvisare, anche dopo anni di professione. Per questo mi preparo ogni volta che devo­ parlare in pubblico. Senza la­voro non c’è possibilità di co­municazione vera”.

Camisasca, che ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport, ha parlato anche di alcuni giocatori di quel periodo: “Molti rappor­ti, nella libertà reciproca, si ap­profondirono. Di Donadoni ho ammirato l’umanità e il profon­do rispetto per le persone. Di Ancelotti l’animo emiliano, un vero amante della vita e della cucina. Franco Baresi aveva una serietà e una statura uma­na fuori dal comune, che deri­vava da una vita sempre piena di impegno esistenziale. Poi ri­cordo con affetto Filippo Galli, Giovanni Galli, Maldini, Virdis, Costacurta e molti altri. Van Basten? Con lui non avevo grande familiarità, ma la sua serietà di fronte al suo com­pito colpiva tutti. Credo fosse una persona molto severa con se stessa”.

Su Berlusconi e Galliani: “Il Cavaliere in quegli anni veniva spesso a Milanello e quelle furono le mie uniche oc­casioni di incontro con lui. Ba­stava poco però per capire che per il calcio era geniale e ap­passionato. Galliani, invece, sempre a fianco della squadra era un insostituibile punto di riferimento”.

Infine, sul Milan di oggi: “Spero che il Milan sia ancora il Milan, anche se devo di­re che la tensione che vedevo allora faccio fatica a ritrovarla oggi. Ma forse è solo perché og­gi non posso seguire gli allena­menti così da vicino. Il mio de­siderio comunque è un altro. Poterli rincontrare, magari singolarmente, qui nella mia nuova casa di Reggio Emilia“.

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