Cerchio di squadra, diktat che fa rima con appartenenza. E la Sud torna a cantare

Siamo il Milan e questo Clarence Seedorf lo sa bene. Conosce l’ambiente, la storia e le peculiarità di quella che per lui, e per tanti, è come una seconda palle. Molti, vuoi per l’età, vuoi perché arrivano da tradizioni diverse, devono ancora capire cosa significano quei due colori che Herbert Kilpin aveva accostato.

Per creare senso di appartenenza, un po’ di autostima e una squadra vera e propria, il Professore ha scelto gli applausi e non le critiche, le parole e non le urla. Tranquillo in panchina, leader negli spogliatoi. A fine gara per fare gruppo ha fatto mettere tutta la squadra in cerchio e ha spiegato che questa pratica verrà usata sempre: in caso di vittoria, di pareggio o di sconfitta. Perché si vince, si perde e si pareggia insieme, da squadra.

Il feeling scattato con i giocatori ha prodotto risultati anche sui tifosi. Avrebbe dovuto restare in silenzio la Curva Sud, dal derby in poi contro la Digos si è aperta una vera e propria polemica, ma è stato impossibile non acclamare. E allora niente striscioni, ma una voce che torna e urla “Milan”. Quello che siamo, quello che Clarence vuole far capire.

Impostazioni privacy