Atalanta-Milan: l’analisi tattica

All’Atleti Azzurri d’Italia, un Milan brutto e mal disposto in campo ha subito una sconfitta in grado di stroncare sul nascere le speranze di raggiungere il sesto posto, ultima posizione utile per entrare in Europa League. I rossoneri hanno messo in scena una prova da dimenticare, caratterizzata da un assetto tattico scriteriato e votato all’attacco, per nulla concreto e inefficace in fase difensiva. In questo modo, un’Atalanta motivata e grintosa ha potuto esprimersi al meglio, centrando una vittoria importante per chiudere al meglio una buona stagione.

COSA HA FUNZIONATO – L’unico ad aver lottato fino alla fine, a non aver mai perso la bussola, ad aver cercato di salvare il salvabile è stato Nigel De Jong. Schierato in apertura come vertice basso del rombo di centrocampo e in seguito come mediano nel 4-2-3-1, l’incontrista olandese ha recuperato un buon numero di palloni e ha fatto il possibile per proteggere la difesa e assicurare coesione tra i reparti, tanto che spesso è rimasto molto basso e bloccato. Peccato che i suoi compagni di reparto non l’abbiano aiutato. L’altra nota positiva è stata Stephan El Shaarawy, che è entrato in campo con personalità e ha disputato un buon secondo tempo. Nella posizione di esterno sinistro d’attacco, la punta egiziana ha giocato come sa: ha fatto tutta la fascia con determinazione, ha ripiegato con puntualità, ha saltato l’uomo e, con un break a centrocampo, ha propiziato il gol del momentaneo vantaggio. La strada per tornare su buoni livelli è ancora lunga, la prima dopo un lungo periodo di inattività è quasi sempre buona, ma El Shaarawy appare intenzionato a mettercela tutta. Vai, Stephan, l’anno prossimo c’è bisogno di te!

COSA NON HA FUNZIONATO – Clarence Seedorf ha iniziato la gara con un 4-3-1-2 in cui gli interni, Muntari e Montolivo, non hanno conferito la minima importanza alla fase di recupero palla e hanno ripiegato senza regolarità, esponendo il Milan ad azioni di rimessa, non garantendo il minimo filtro, costringendo De Jong agli straordinari e concedendo all’Atalanta molti spazi tra le linee. Nemmeno in fase d’inserimento Muntari e Montolivo si sono rivelati utili: hanno provato a proiettarsi in avanti senza brillantezza e con poca incisività. Schierato come trequartista, inoltre, Honda è stato un pesce fuor d’acqua: non ha mai messo a segno un dribbling, non ha creato nulla di interessante e ha perso molti palloni. Nella ripresa, con quel 4-2-fantasia che non contempla il ripiegamento dei trequartisti (solo El Shaarawy ha partecipato alla fase di non possesso), abbiamo poi toccato il fondo. Eccezion fatta per l’azione che ha portato all’autogol di Bellini, abbiamo assistito a un Milan offensivo ma disordinato, inconcludente, inefficace, fragile sotto ogni aspetto e troppo lungo. La squadra si è spaccata in due tronconi e l’Atalanta, in contropiede, ha potuto colpire. Infine, l’esclusione di Taarabt, entrato soltanto a un quarto d’ora dal termine, grida vendetta. Eppure, nelle ultime uscite, con un 4-4-2 equilibrato e con un rombo intelligente, il Milan era riuscito a risollevarsi e a inanellare una bella striscia di vittorie. Perché, allora, riproporre l’assetto tattico visto fino alla partita contro il Parma? Why, Clarence? Why?

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