Inzaghi, elogio dell’eclettismo

Le dichiarazioni d’intenti espresse da Pippo Inzaghi, alla vigilia del match contro la Roma, si sono prontamente tradotte sul terreno dell’Olimpico. Un ulteriore passo in avanti, dopo la brillante prestazione contro il Napoli, in termini di concetto di squadra. È stato un Milan capace di soffrire nel primo tempo: riuscendo a resistere per poi uscire alla distanza, impegnando severamente la Roma nella ripresa, salvo poi ricompattarsi negli ultimi 20 minuti, dopo l’espulsione di Armero, resistendo all’assalto finale della squadra di Garcia. Un punto preziosissimo, dunque, visto e considerato il netto divario tra le due squadre tanto reclamizzato da gran parte dell’opinione pubblica. Eppure, il Milan targato Inzaghi ha dimostrato di essere al pari della Roma anche giocando in 10: a dimostrazione che l’ottimismo di Silvio Berlusconi non è poi così avventato.

Un dato su tutti attesta la bontà del lavoro del tecnico rossonero: la tanto bistrattata difesa milanista, nelle ultime quattro partite, ha subito la miseria di due sole reti. Questo grazie ad un atteggiamento tattico più diligente e ad una maggiore attenzione da parte dei singoli. Pippo Inzaghi si sta rivelando un ottimo condottiero, ma anche un grande alchimista: se la difesa resta il tallone d’Achille del Diavolo, va dato atto a Pippo di aver saputo tenere tutti sul pezzo, di aver saputo far fronte alle diverse defezioni che hanno costantemente colpito il pacchetto arretrato e di aver rispolverato uno ieratico Mexes: contro la sua ex squadra maestoso in fase difensiva, sfacciato quando improvvisa una roboante conclusione da 40 metri diretta all’incrocio.

Condottiero, alchimista e anche trasformista. Nella fucina degli artisti di Milanello, il pittore Inzaghi ha saputo disegnare formazioni differenti, spesso dettate dall’esigenza del momento, ma anche moduli tattici differenti, cercando di esaltare le caratteristiche dei singoli interpreti inserendoli nel contesto loro più adatto e rendendoli così il più funzionali al gioco. Dal classico 4-3-3 di partenza, per esaltare la velocità di El Shaarawy, allo schema di ancelottiana memoria tanto caro ad Adriano Galliani, il 4-2-3-1 per esaltare ancor di più le eccellenti prestazioni di Jeremy Menez. Uno schema tattico, quest’ultimo, che consente al francese di svariare su tutto il fronte d’attacco. Non solo, l’albero di natale consente anche a Bonaventura e a Honda di interpretare al meglio le due fasi: supportando Menez durante l’azione in fase offensiva, ripiegando a centrocampo durante la fase difensiva, ricomponendo di fatto il 4-3-3.

Al di là della diversificazione tattica, il Milan visto a Roma è stato, fin qui, l’esemplificazione più netta di quanto richiesto dal titolare della panchina rossonera: spirito, entusiasmo, determinazione e voglia di portare a casa il risultato. I dettami posti alla base del nuovo corso targato Inzaghi.

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