SM ESCLUSIVO/ Andrea Previati: “Il mio passato quasi rossonero. Negli USA, il Milan è il massimo”

Alzi la mano chi non abbia ancora sentito parlare di Andrea Previati, milanese classe ’94 che, grazie all’iniziativa indetta da Yourfootball.it, lo scorso giugno, ha vinto una borsa di studio che gli ha permesso di sbarcare negli Stati Uniti per studiare Economia e Management alla St.John’s University ed entrare a fare parte della squadra di calcio di questo prestigiosissimo college. Un’opportunità, quest’ultima, che, nei prossimi anni, potrebbe permettere ad Andrea non soltanto di conseguire una laurea, ma anche di accedere ai campionati calcistici professionistici statunitensi. Ma non finisce qui. In pochi, infatti, sono al corrente del fatto che la carriera di Previati sia collegata ai colori rossoneri. Ecco allora che la redazione SpazioMilan.it, conoscendo bene il passato di Andrea, ha deciso di contattarlo telefonicamente.

Si può affermare che la tua carriera calcistica sia stata, per lo meno nei suoi primi anni, a tinte rossonere?
Sì, assolutamente. Dai sei agli undici anni, ho giocato nel Cimiano che, ai tempi, rappresentava il primo vivaio del Milan. In seguito, dagli undici ai diciassette anni, sono passato alla Masseroni e sono stato allenato da tre tecnici che in passato hanno vestito la maglia rossonera: Maurizio Ganz, Stefano Eranio, che per me è stato fondamentale sotto ogni aspetto e a cui sarò sempre riconoscente, e Stefano Nava, ora opinionista televisivo. Sono stato allenato anche da Antonio Cincotta che, ora, è alla guida del Milan femminile. Oltretutto, al Cimiano e alla Masseroni, ho disputato diversi tornei a San Siro e un’amichevole con i pari età del Milan. Ho fatto anche un provino per passare in maniera definitiva al Milan, ma non sono stato preso. Comunque, del Milan e delle esperienze nei vivai di Cimiano e Masseroni, ho un ottimo ricordo. Oltretutto, qui negli Stati Uniti, il Milan ha un grandissimo appeal“.

In che senso, nello specifico?
Beh, il talent scout che mi ha selezionato, Jeff Matteo, che ha un passato in Italia, tra le fila del Monza, è un grande tifoso del Milan. Oltretutto, il mio allenatore, Dave Masure, nel corso degli allenamenti, fa moltissimi riferimenti al Milan di Arrigo Sacchi e Fabio Capello, con tanto di riferimenti a giocatori del calibro di Roberto Donadoni“.

Appena arrivato al Milan, Arrigo Sacchi, invece, per spiegare ai rossoneri i movimenti tattici, alludeva spesso a giocatori avuti nella sua prima esperienza alla guida del Parma. Bene, trovi analogie tra il tecnico di Fusignano e il tuo mister?
Il mio coach è un ottimo motivatore. Considera che, prima delle partite, negli spogliatoi ottimamente attrezzati in cui ci prepariamo, oltre alla musica, fondamentale per caricarci, ci sono due maxi-schermi accesi. Maxi-schermi in cui il nostro allenatore ci mostra grandi giocate, grandi gol, grandi parate e partite memorabili. Molto spesso, il modello di riferimento è il Milan, nella buona e nella cattiva sorte. Per farci capire che le partite non sono finite finché l’arbitro non fischia, sui maxi-schermi, viene riprodotta la finale di Istanbul, ma anche quella di Atene, per poi passare al gol di Tomasson, merito di Pippo Inzaghi, con cui il Milan eliminò l’Ajax nei quarti di finale dell’edizione 2002/2003 della Champions League“.

Quando giocavi nel Cimiano e nella Masseroni, qual era il rossonero a cui ti ispiravi?
A quei tempi, grazie al programma di Disney Channel, Quasi Gol, condotto da Marco Cattaneo e Teresa, ero stato protagonista della rubrica Il Sogno e avevo avuto la possibilità di andare a Milanello e conoscere Carlo Ancelotti, che mi regalò la maglia di Paolo Maldini. In quel periodo, però, giocavo in attacco, mentre ora sono un centrocampista di qualità, e il mio idolo era Andriy Shevchenko, ma, allo stesso tempo, stimavo molto anche Andrea Pirlo. Per quanto riguarda il Milan attuale, mi rivedo un po’, nel mio piccolo, in Montolivo: so fare gioco ma, all’occorrenza, so tirare fuori gli attributi“.

Una volta fallito il provino per giocare nel Milan, avresti pensato che la tua carriera calcistica potesse riprendere il volo?
Fallito il provino per diventare rossonero, c’ero rimasto male, ma non mi ero dato per vinto: ero ancora giovane e avrei potuto comunque emergere. E’ stata un’altra la situazione in cui ho temuto di dovere dire addio alla possibilità di diventare un calciatore. Dopo avere giocato con la Berretti, con la maglia della Vallenzana, avevo tentato un provino al Genoa, ma, prima di andare in scena, mi sono infortunato. Lì ho avuto paura di dovere smettere: ho pensato di dedicarmi soltanto allo studio. Ora che sono negli Stati Uniti, però, è cambiato tutto“.

Credi nella possibilità di arrivare, nei prossimi anni, in una tra le massime serie statunitensi?
Non ho ancora le idee chiare sul mio futuro, ma, se riuscissi ad avere qualche offerta, non mi tirerei di certo indietro. Alcuni miei compagni di squadra sono già stati richiesti. Tim Parker, ad esempio, è approdato nella MLS, in massima serie, e ora gioca a Vancouver. Un altro mio compagno di squadra, il brasiliano Marco Bordon, da febbraio, andrà a Tokyo, in prova in una squadra della massima serie giapponese. Inoltre, tra i miei compagni, figurano ex Primavera del Lione, ex Under-21 della nazionale di Haiti, Nuova Zelanda e Trinidad e Tobago. In una partita mi è capitato di marcare un giocatore proveniente dal vivaio del Borussia Dortmund. A differenza di quanto si pensi, infatti, il livello del calcio statunitense è alto. Ci si allena in maniera regolare e con massima serietà, anche di prima mattina, dalle sette alle nove, con tanto di personal coach, e, al calcio, viene conferita grande importanza“.

Quando militavi nel Cimiano, d’estate, nel corso di una partitella tra amici, siccome i tuoi compagni di squadra non davano il massimo, ti arrabbiasti, prendesti palla, li superasti a uno a uno e ti segnasti un autogol, per poi esultare. Ecco, adesso che sono trascorsi undici anni da quell’episodio, quanto è rimasto di quell’Andrea Previati? Potrò essere più preciso nei prossimi mesi. Ora mi sto riprendendo da due infortuni, uno al crociato e uno al menisco del ginocchio sinistro, ma, quando sarò al cento per cento, saprò dire con esattezza quanto sia rimasto dell’Andrea Previati che, da ragazzino, spazientito, a volte, dribblava i compagni e si faceva autorete“.

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