I media si accorgono (tardi) dei limiti del Milan. E ora la società?

Fabrizio Villa collabora con SpazioMilan.it da settembre 2011, dopo esser stato realizzatore nel 2010 per Sky Sport. E’ opinionista a “Milan Time”, un’ora di notizie rossonere nel palinsesto pomeridiano di Radio Milan Inter (96.1 FM e canale 288 del DTT).

Non sono bastate le ultime indecifrabili sessioni di mercato per far capire agli addetti ai lavori, che il Milan allestito nelle ultime stagioni, altro non è che un’armata Brancaleone. No. Nemmeno la frettolosa e incomprensibile cacciata di Seedorf, con il contestuale approdo di Inzaghi in prima squadra ha fatto scattare l’allarme, né per i quotidiani sportivi, né per le TV, satellitari o digitali che siano. Per citare un esempio facilmente verificabile e giusto per intenderci, la Gazzetta dello Sport il 2 settembre ha giudicato con un 7+ la campagna acquisti rossonera. SETTE PIU’.

D’accordo, l’avvio è stato positivo, ma anche nelle vittorie conquistate nelle prime due giornate (Milan – Lazio 3-1 e Parma – Milan 4-5), già si intravedeva la confusione tattica. Si perché al di là dei risultati, le partite di questa stagione hanno certificato con costanza, che il Diavolo non è squadra. Non è mai apparso solido ed è tutt’altro che organizzato. Vive e più spesso muore, a seconda delle lune dei calciatori più importanti.

Eppure, per conclamare universalmente questa condizione precaria, abbiamo dovuto attendere la fine del girone d’andata. Anzi, più precisamente la chiusura del girone d’andata, con le due sconfitte interne incassate da Sassuolo e Atalanta e il punto esterno di Torino, che per come è arrivato vale meno di 0.

Ecco, ora tutti si sono accorti che ‘il Milan non può lottare per il terzo posto’, ‘il Milan non ha una rosa che possa competere con Napoli, Lazio e Inter’, ‘il Milan ha carenze tecniche a centrocampo’, ‘al Milan manca un terzino sinistro di ruolo’ e ‘il Milan non ha giocatori da Milan’.

E’ tardi ormai per cambiare l’inerzia della stagione. Non è solo un problema di qualità. E’ un problema più complesso. E’ innanzitutto sistemico perché i reparti non si muovono assieme e le distanze sono sballate. Ma anche di gamba perché atleticamente andiamo sotto con tanti e poi di fiducia mentale. Non abbiamo la forza emotiva per ribaltare le gare, quest’aspetto l’ha sottolineato anche Ambrosini a Radio 24 in settimana.

Insomma, in quest’inizio 2015 abbiamo avuto conferma che le bugie hanno le gambe corte. Sarà un caso che il nostro presidente veste scarpe col tacco?

Twitter: @fabryvilla84

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