Il Milan di Berlusconi fa 29 anni, ma il futuro pretende chiarezza

Sembrano tempi scenici di ispirazione shakespeariana quelli che, ventinove anni dopo il primo giorno, collocano l’anniversario della gestione Berlusconi nelle settimane delle voci di cessione della società, che si tratti di maggioranza o di quote di minoranza. Tra vere o presunte offerte dal gusto orientale, l’occasione è buona per gettare uno sguardo sul passato, riflettere sul presente e dare un’occhiata alle prospettive, al momento davvero poco definite.

Guardi indietro e vedi la salvezza a un passo dal baratro della gestione Farina, i trofei – tanti – e oltre cinque lustri che hanno portato il Milan, al di là della retorica, in cima all’empireo del pallone. Il presente è tutto nell’undicesimo posto in classifica, nei proclami – rigorosamente dentro le sale di Milanello – e in un crocevia di giocatori che faticano a “illuminare San Siro”. Il futuro, come sempre, è quello che più fa discutere, perché racchiude le speranze e i timori della gente, divisa tra avveniristici sogni di stadi nuovi e incubi di un lento e inesorabile declino.

L’errore è quello di ridurre tutto al “non tira più fuori i soldi” che, tra l’altro, non è nemmeno del tutto vero, o quello di augurarsi la cessione integrale al primo presunto magnate con un nome esotico. Quel che è certo è che è arrivato il momento di fare chiarezza, di una dichiarazione di intenti e di metodi, di un po’ di ordine a livello societario. In altre parole,di fidarsi del tifoso milanista, che da nobile del mondo del calcio non teme di vestire i panni del borghese, ma che non può più continuare a specchiarsi in tempi andati. “Il Milan è una questione di cuore” e lasciarlo cadere, anche per chi l’ha portato tanto in alto, sarebbe un peccato imperdonabile.

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