Quando l’organizzazione tattica è pressoché nulla e la fase difensiva viene svolta in maniera del tutto superficiale, il gioco d’attacco risulta anemico e inconcludente. L’attuale situazione rossonera, in merito, non fa eccezione. Dal sei gennaio, in nove partite stagionali, sette di campionato e due di Coppa Italia, il Milan ha messo a segno soltanto dieci gol (due dei quali su calcio di rigore). Troppo poco, insomma, per una squadra che, per lo meno fino a dicembre, aveva come obiettivo l’accesso in Europa League.
Spesso in campo senza una vera prima punta, in fase offensiva, i rossoneri si sono finora affidati alle giocate in un Menez dotato di grandi qualità ma tutt’altro che continuo e alle ripartenze degli esterni d’attacco, Keisuke Honda e Jack Bonaventura in primis. Honda e Bonaventura che, essendo costretti a ripiegare in maniera continua, una volta sotto porta, non sempre sono finora riusciti a essere lucidi e precisi. Il tutto a seguito di un assetto tattico che, dalla partita contro il Sassuolo, impedisce alla squadra di esprimersi al meglio e di essere efficace nei momenti decisivi della partita. Sì, proprio così. Per segnare, infatti, serve che il centrocampo protegga al meglio la difesa e faccia il filtro sufficiente per vincere lo scontro in mediana e assicurare alle punte palloni giocabili.
Una situazione, quest’ultima, che in casa Milan si è verificata soltanto (e in parte) nel corso delle prime nove giornate di campionato. Dopodiché, eccezion fatta per la buona prova offerta con l’Udinese, il nulla. Ecco allora che, dal momento che Inzaghi non ha mai voluto puntare appieno sulle prime punte presenti in rosa e non ha chiesto alla dirigenza di rinforzare la linea mediana con interditori in grado di assicurare solidità e compattezza a metà campo, nella maggior parte delle occasioni, la fase offensiva rossonera si è rivelata quasi del tutto sterile e inconsistente. Un paradosso, per uno come Pippo, che ha vissuto un’intera carriera da calciatore segnando gol importanti e decisivi.