Il senso del “modello Milan” in un Viareggio che non fa Primavera

Simone Basilico è nello staff di SpazioMilan.it dalla sua nascita, l’8 marzo 2011, ed è una delle prime firme del sito, specializzato nel settore giovanile rossonero.

Ricordo ancora quando potevo vantarmi coi miei compagni di classe perché giocavo nel Milan. Ero piccolo, avevo 9 o 10 anni, e uscire dalla scuola con la borsa del Milan attaccata alla spalla mi rendeva orgoglioso e felice. Il centro sportivo Vismara non esisteva ancora e gli unici momenti di svago durante gli allenamenti guidati da Andrea Maldera (oggi braccio destro di Inzaghi in prima squadra) erano le ombre sul campo degli aerei dell’aeroporto di Linate. E l’immagine del mister con la mano accanto alla bocca che urlava le indicazioni per imparare “la sovrapposizione” ogni volta che passava un uccello volante meccanico sopra le nostre teste me la ricordo come se tutto questo fosse accaduto ieri.

Nei due anni in cui ho avuto la fortuna di vestire la maglia del Milan ho capito cosa vuol dire giocare nel settore giovanile del Milan. Le parole davanti alle telecamere diventano bolle di sapone quando si entra nello spogliatoio. Prima di essere un calciatore, devi essere un uomo. Anche se hai dieci anni. Disciplina e rispetto dell’avversario sono le parole chiave di un “modello Milan” che finalmente sta nascendo, per formare prima uomini e poi, eventualmente, giovani campioni per la prima squadra. Ma tutto questo non può avvenire se non si plasma il culto della vittoria. Al Milan si gioca per vincere e per divertirsi. Proprio in questo ordine. Perché se non ti abitui fin da piccolo a voler vincere anche la partitella di fine allenamento con i compagni di squadra, allora quando sarai nel mondo dei grandi verrai mangiato da chi ha più determinazione e fame di te. Ce lo disse Gennaro Gattuso quando venne a parlare a tutto il settore giovanile rossonero.

L’insuccesso, in puri termini di risultati sportivi, della Primavera alla Viareggio Cup non può certamente essere preso come fotografia dell’immenso lavoro che sta svolgendo tutto il settore giovanile in questi ultimi anni. Ma diventa uno spunto per migliorare ancora. La prerogativa è provare sempre a fare calcio, in qualunque condizione e contro tutti gli avversari. La Primavera di Brocchi fa questo: gioca a calcio (e anche bene, ma questi sono gusti personali da amante del 4-3-3), a differenza di altre formazioni. Ma poi devono arrivare i risultati e anche un passo falso come il Viareggio va analizzato in quest’ottica. Che non pregiudica una stagione o un percorso calcistico, ma comunque aumenta l’esperienza di un gruppo che fino ad oggi aveva dato spettacolo e creato entusiasmo in assenza di gioie dalla prima squadra.

“Una rondine non fa primavera”, dice il saggio. Prendo in prestito il proverbio e lo appioppo alla squadra di Brocchi: non sarà certamente una sconfitta a cambiare la valutazione su una squadra fin qui perfetta e spumeggiante, ma presta sicuramente il fianco a delle critiche. Perché è solo vedendo il bicchiere “mezzo vuoto” che si può avere ancora più fame al prossimo fischio d’inizio. Me lo ha insegnato Gattuso e io ci credo.

Twitter: @SBasil_10

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