E’ un Milan ancora anonimo: mancano gioco e intensità

La (non) prestazione del Milan a Marassi contro il Genoa è una costante degli ultimi anni. Sta di fatto che un Diavolo così alle 12.30 non facilita di certo la digestione del pranzo domenicale. È difficile da digerire, in particolare, la costante del non gioco della squadra. In particolare per i tifosi milanisti, tifosi di bocca buona: abituati a trame di gioco importanti condite da prodezze riproducibili in serie. Chiariamo subito una cosa: il problema della qualità, soprattutto a centrocampo, esiste: manca, infatti, un regista in grado di congelare il gioco nella fase di gestione della palla. Ma non è la questione primaria. Anche perché buone individualità in mezzo al campo ci sono. È l’intensità il vero deficit. Ed è una costante. E l’incapacità cronica di essere intensi da parte dei rossoneri è da ricercare nell’assenza assoluta di una organizzazione tattica. Ça va sans dire: senza organizzazione tattica l’intensità viene meno. E senza intensità si rischia di incappare nel primo tempo di Marassi: in balia dell’avversario. E questo di certo non accresce l’autostima e la convinzione del gruppo. 60/70 minuti concessi alla squadra di Gasperini, una follia.

Una follia già rischiata in settimana, dopo aver concesso 45′ a Udine, contro una formazione con l’acqua alla gola e sotto di 3 gol. Avesse pareggiato l’Udinese non ci sarebbe stato niente da dire: un tempo a testa. E qui subentrano altri termini, altri concetti: mentalità, convinzione, pragmatismo. Tutti concetti che ben si addicono al sergente Sinisa Mihajlovic, ma non ancora al suo Milan, ancora “anonimo”. A pensarci bene, Udine (con annesso abbraccio finale) ha ricordato molto la vittoria di Parma dello scorso anno e la sconfitta di Marassi è la riproposizione della sconfitta della scorsa stagione. Da Inzaghi a Mihajlovic: quasi nulla è cambiato. Nemmeno l’andamento altalenante.

È cambiato l’attacco, di notevole caratura, ma le squadre si costruiscono a partire dalla difesa e la difesa è la stessa della scorsa stagione. Pensare che il solo Romagnoli, che Nesta non è, possa cambiare le sorti di un intero reparto è francamente ridicolo. Ha avuto più coraggio in questo senso l’Inter, che si è accorta che con la difesa dello scorso anno i problemi sarebbero rimasti e ha, quindi, optato per la rivoluzione di 3/4 del pacchetto arretrato. Ed anche Santon ha ricominciato a pedalare. Una rivoluzione che servirebbe anche a De Sciglio.
E anche al Milan: una rivoluzione per tornare alle origini, per riportare le cose com’erano un tempo. Perché il Milan ha insegnato calcio, ha insegnato l’organizzazione difensiva e la disciplina tattica. Rivoluzionato la fase di non possesso e introdotto il pressing, prima di Sacchi concetto estraneo al nostro modo di intendere il calcio.

Pressing rigorosamente collettivo, il quale però richiede una organizzazione e un’idea di gioco ben precisa. Idea di gioco che manca tremendamente e questo è un limite che, come lo scorso anno, rischia di oscurare come un macigno la qualità di molti solisti. Quando la squadra gioca male anche i vari Bacca e Luiz Adriano risultano essere scarsi e poco funzionali (al non gioco).

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