Ibra: “Non me ne sarei mai andato dal Milan, è il club più grande in cui abbia mai giocato. Tornare? Non era quello che volevo, ma…”

Che qualcosa di vero, sotto, c’era stato lo si sapeva, ma averne la conferma del diretto interessato fa sempre un certo effetto. Male in questo caso, visto che parliamo di Zlatan Ibrahimovic. Nella scorsa estate ha rappresentato prima il grande sogno e poi il doloroso rimpianto del mercato rossonero. È mancato “solo” un sì, il suo, per chiudere l’acquisto con il PSG, come ha spiegato nel dettaglio il campione svedese nell’intervista esclusiva presente oggi sulle pagine de La Gazzetta dello Sport.

Milan, come te nessuno mai: “L’estate scorsa c’è stata un’offerta concreta del Milan. Se io avessi detto sì, avremmo fatto l’affare. Ma non siamo mai arrivati fino a quel punto, non era quello che volevo. Però ero grato al Milan (sorride quando parla dei rossoneri, ndr). Per me è il club più grande in cui abbia mai giocato. E io ho giocato in tanti club importanti. Ma il Milan non ha paragoni: come lavorano, l’organizzazione… E poi che squadra fantastica avevamo”.

L’addio del 2012: “Se mi manca Milano? San Siro, la città, la gente, la lingua: ho ricordi bellissimi. L’ho sempre detto: l’Italia è la mia seconda casa. Mi sono trovato molto bene lì. E fosse stato per me non avrei lasciato il Milan. Di chi fu la colpa allora della mia partenza? È un capitolo chiuso: è andata come è andata. Ora ho altri obiettivi, nel calcio e nella vita”.

Italia nel cuore: “Come ho detto, è la mia seconda casa. È il posto dove sono diventato famoso, con la Juventus. All’Ajax non ero ancora una stella internazionale. In bianconero è cambiato tutto: il mondo ha aperto gli occhi e mi ha visto. A parte l’anno al Barcellona, ho giocato e vissuto in Italia dal 2004 al 2012. Ho vinto il campionato con i tre club più grandi, Juventus, Inter, Milan. Sono diventato capocannoniere, sono stato scelto come miglior giocatore. Per me quello resta il campionato migliore del mondo. E anche il più difficile per un attaccante, perché si pensa prima a non prendere gol, che a farli. In ogni caso il vostro Paese resterà nel mio cuore”.

E sul futuro: “Tutto può succedere. Mi sento bene e gioco bene. Poi fra uno o sei mesi non so. Per adesso sono in forma, e finché sento che posso dare qualcosa in campo continuerò a giocare”.

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