Terzini rossoneri, la parabola negativa: ricercare le proprie qualità tecniche per non involvere

È sempre bello sottolineare dei pregi nella rosa della propria squadra: e il Milan, primo in Italia per produzione di talenti dal proprio settore giovanile, ha proprio nel far giocare in prima squadra ragazzi allevati in casa il suo carattere distintivo nell’accezione positiva. Specialmente, pare si abbia una certa abilità nel tiare su terzini di spessore, infatti tutti e quattro gli esterni bassi a disposizione di Mihajlovic provengono dalla cantera rossonera.

Nonostante la constatazione buona sotto ogni aspetto appena fatta, bisogna poi interrogarsi se quanto prodotto sia davvero di qualità. I dubbi, in primis, vengono quando si vede giocare nella gara col Carpi un Abate ampiamente insufficiente e il solito anemico De Sciglio. Il primo bloccato nelle sue sgroppate da un dettame tattico che punta a esaltare le doti fin qui indimostrate di Cerci, l’altro in piena involuzione autolimitatosi al compitino quando di talento per uscirne a testa alta ce ne sarebbe da vendere. Non dimentichiamoci poi dei due attualmente fuori: Antonelli, forse il migliore, sopperisce con l’esperienza ad una tecnica certamente non da top-player; Calabria resta un incognita finché Sinisa non deciderà che il suo apprendistato non sia concluso.

Apprezziamo, dunque, un progetto che dà continuità al lavoro svolto a livello giovanile e che lancia giocatori apprezzati in tutt’Europa: basti pensare a Darmian volato al Manchester United, anche lui terzino, anche lui scuola rossonera. Poi arrivano le valutazioni pratiche e qui gli entusiasmi si ridimensionano. Ritrovare quella qualità anche in prima squadra dei giocatori che in primavera vengono apprezzati tanto da rientrare nei piani a lungo termine della società diventa la priorità. Altrimenti a gennaio il mercato si apre: non per forza giovani, non per forza italiani, ma di sicuro che alzino il tasso tecnico.

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