Milan ai cinesi, Berlusconi frena. Ma per i mediatori non ci sono intoppi

Sembrava convinto, invece adesso Berlusconi è perplesso. Non che ci abbia ripensato, ma i dubbi sono aumentati e oggi appare più difficile scommettere sulla cessione della maggioranza. Nel pranzo ad Arcore dei giorni scorsi aveva scoperto nomi e conto in banca degli imprenditori protagonisti nell’affare, riuniti in un fondo di società pubbliche e private, scoprendo presto di essere di fronte a società serie e con grandissima disponibilità economica.

Eppure chiede ancora garanzie. E parla molto perché periodo di campagna elettorale: dettaglio da pesare, ammette La Gazzetta dello Sport. In più si concede battute rischiose in questo momento delicato: “I cinesi comunisti mangiavano i bambini – ha detto a un evento a Ostia – e io dovrei vendergli il Milan?“. Magari è solo uno ripensamento dei suoi, o il classico contropiede alla Silvio. Non sono i soldi nel portafoglio il problema, nemmeno la (necessaria) volontà di spendere in caso di acquisto: il piano resta convincente però il presidente pretende che gli investimenti siano annuali e che la certezza venga ufficializzata in un documento scritto in cui venga precisamente indicata la suddivisione delle risorse fra mercato, stadio e sviluppo commerciale.

galatiotoLa cordata, rappresentata da Sal Galatioto e Gancikoff, comunque, non è irritata. Anzi, Fininvest resta ottimista. Dipende dal Cavaliere, che deve ancora decidere ma aspetterà la fine delle elezioni (metà del mese). Dall’addio, con nuova governance ed Emery possibile allenatore (tentato pure dal PSG), alla permanenza, quindi progetto giovani e italiani guidato da Brocchi: tutto aperto.

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