SM RELIVE/ Galliani: “Locatelli mi ha ricordato Rivera. Donnarumma sarà il portiere del Milan per molti anni. Nessuna colpa a Mihajlovic. Al closing non penso”

Vivi live su SpazioMilan.it l’intervista esclusiva di Tiki Taka all’amministratore delegato rossonero Adriano Galliani:

– Sul paragone tra Montella e Mihajlovic dichiara: “Montella è un bravissimo allenatore, l’avevamo cercato anche due anni fa ma era vincolato e non è venuto. Grandi onori a Montella ma non mi sento di dare nessuna croce a Mihajlovic, perché questi giovani l’anno scorso avevano un anno in meno. Mihajlovic ha avuto il coraggio di far esordire Donnarumma, quindi io credo che abbia lavorato, abbia fatto crescere questi ragazzi e credo che Montella sia bravissimo a farli maturare. Non farei un parallelismo tra i due”.

– Su Donnarumma erede di Buffon in Nazionale e alla Juventus: “Non scherziamo, Donnarunma è un giocatore del Milan e io mi auguro e sono convinto che sarà un giocatore del Milan ancora per molti anni. Credo che sarà l’erede di Buffon in Nazionale anche se Buffon è ancora un grandissimo portiere. Ha un contratto con la Juve fino al 2018, sta facendo benissimo. La prima partita tra l’altro la giocò contro il Milan e, come per Donnarumma, si capì che era un predestinato. Auguro a Donnarumma di continuare come adesso”.

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– Sull’attenzione mediatica nei confronti di Locatelli: “Ne ho vista troppa, nel bene e nel male. Ha ragione Ventura che dice che adesso basta una partita buona che sei l’erede di, che meriti la Nazionale, eccetera. Ci vuole molta calma, c’era un vecchio allenatore dell’Inter, Sergio Brighenti, che dei ragazzini diceva sempre ‘devono mangiarne di panini prima di arrivare in Nazionale’. E Locatelli deve ancora fare tantissimo: è un bambino ma è un bambino di talento”.

– Su Locatelli: “La prima cosa che mi è venuta in mente è una similitudine con Rivera che nel ’61 segnò alla Juve a 18 anni così come Locatelli. Poi Rivera da quel momento è diventato un campione Locatelli deve ancora fare tutto. Non dico che Manuel è come Rivera che ha giocato nel Milan fino al 1979 e ha vinto lo Scudetto della stella. Auguro a Locatelli di ripercorrere quella carriera”.

– Sul Milan secondo a due punti dalla Juve: Più che aspettarmelo ci speravo. L’anno scorso sfidavo le ire di tutti i giornalisti perché continuavo a dire che la nostra rosa era superiore alla classifica che avevamo e quindi ci speravo, però francamente non immaginavo una posizione di classifica così importante ad oggi. Le mie esultanze contro la Juve? E’ stato un urlo di gioia ma io sono un grande tifoso, non ho retro pensieri. Le mie due esultanze sono diverse, una in occasione del gol annullato alla Juve e l’altra dopo la grande parata di Donnarumma”.

– Sul closing e il cambio di proprietà: “Per quanto mi riguarda non ci penso. Il mio sogno è il Milan, continuo ad andare avanti come ho sempre fatto, bene o male, e così continuerò fino all’ultimo giorno. Non penso assolutamente al closing. Penso al Genoa, al Pescara, al Palermo e penso all’Inter. Tutto il resto viene dopo. Continuo a sognare il Milan, dal giorno in cui non sarò più al Milan penserò ad altri sogni ma al momento tutte le mie energie psico-fisiche sono concentrate sul sogno che sto vivendo. E quel tiro di Locatelli ha assolutamente realizzato un sogno”.

– Sui tifosi che dovrebbero seguire la squadra anche quando le cose non vanno bene: “Dovrebbe essere così però è chiaro che il tifoso vuole vedere vincere la propria squadra, è umano. Evidentemente se il Milan non fosse stato secondo non ci sarebbe stato il tutto esaurito contro la Juve. Milan-Juve è tornata ad essere una sfida di sempre. La Juve è la squadra che ha vinto di più in Italia ma noi siamo la squadra italiana che ha vinto di più in Europa: questa sfida è tornata ad essere una gara tra la seconda contro la prima e ha fatto tornare a San Siro questo pubblico straordinario”.

– Sul Milan giovane e italiano voluto da Berlusconi: “L’idea ci è venuta qualche anno fa quando abbiamo capito che i fatturati dei top club europei erano tali che non si poteva competere con loro se non seguendo questa linea. L’ultimo Pallone d’Oro che ha giocato in Italia è stato Kakà nel 2007 quando era da noi. Una volta tutti i Palloni d’Oro giocavano in Italia, la Serie A era un campionato d’arrivo, adesso è un campionato di passaggio. Quindi abbiamo intuito che se volevamo tornare grandi l’unico modo per farlo era attraverso la ‘cantera’ e abbiamo iniziato quello che si sta vedendo oggi. Purtroppo giocatori da 70-80-100 milioni non possono più essere comprati dai club italiani”.

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