Ultima lettera aperta su #cessioneMilan

Christian Pradelli è giornalista professionista e direttore di SpazioMilan.it dalla sua fondazione, l’8 marzo 2011. Dirige parallelamente il free-press pomeridiano Mi-Tomorrow. Collabora con La Gazzetta dello Sport e Yahoo Sport Italia. Conduce il varietà sportivo “Falla Girare” su Radio Reporter ed è opinionista per Milan Tv. È la voce ufficiale del Milan per TopCalcio24, canale del gruppo Mediapason (canale 62 del DTT).

All’indomani del 5 agosto, avevo twittato più o meno così: “La nostra categoria esce devastata dall’hashtag #cessioneMilan“. La categoria è quella dei giornalisti, sempre più vasta e, ad onor del vero, sempre meno definibile. Il punto, invece, è che quel 5 agosto non potevamo ancora immaginare tutto quello che sarebbe successo negli ultimi tre mesi: una vera e propria divisione in fazioni, che nasce essenzialmente dal web e che ha reso un tema come quello del passaggio di proprietà rossonero una bomba speculativa senza precedenti. Utilizzo l’espressione “bomba speculativa” non a caso, perché se è vero che il grande merito dei social network è quello di aver avvicinato chi produce notizie a chi ne fruisce, è anche vero che un filtro sempre più sottile può nuocere gravemente al senno di tutti. Ma proviamo ad andare con ordine.

PRADELLI BANNER 2014Che, dopo l’odissea Taechaubol, ci potesse essere diffidenza nel nuovo capitolo #cessioneMilan era piuttosto giustificabile: giorno dopo giorno, abbiamo provato a raccontare qui su SpazioMilan.it uno dei tentativi di cessione-acquisto societario più controversi che la storia del calcio ricordi. Dalle giornata intense e misteriose in quel di Arcore al “Lee” al posto di “Bee” pronunciato proprio da Berlusconi davanti a giornalisti e tifosi al Park Hyatt di Milano, dalla foto pubblicata in esclusiva proprio da queste pagine del brindisi Taechaubol-Fininvest in quota fino al pallone che si è pian piano sgonfiato fino a dissolversi definitivamente: è stata un’escalation di eventi che certamente a noi ha fatto scrivere tanto, ma che, a posteriori, ha fatto perdere al Milan almeno un anno e mezzo. Di qui, tra incredulità e incomprensione, la sensazione che “tanto, finché c’è, finché riuscirà, Silvio il Milan non lo lascerà mai“. Sebbene, da allora, le voci di cessione non siano poi mai totalmente scomparse.

Prima di Yonghong e Han Li, di Haixia e TCL, di Sino-Europe e Fassone, ce ne sono state tante altre: ricorderete la dama cinese, le bibite gassate, il ritorno di Bee, Nelio Lucas e il fondo Doyen, le strette di mano e le promesse da marinaio. Sul fondo la Cina, sempre più interessata, a fronte dei Berlusconi sempre più dinanzi a scelte da prendere in tempo zero. Ad un certo punto sembrava che la vendita del compartimento Premium di Mediaset a Vivendi potesse in qualche modo bloccare la vendita del Milan. Poi Premium è rimasta “in casa” e il Milan è tornato ad essere oggetto precipuo del contendere. Tra chi? Tra il presidente e la sua famiglia (e certamente non sveliamo l’acqua calda), ma anche tra il presidente e i tanti tifosi stanchi del trentennale assetto societario. Soprattutto, va detto, degli ultimi cinque, lunghi, infruttuosi anni. E qui si apre il tema vero, tema che mi porterà, probabilmente per l’ultima volta, ad esprimere opinioni personali all’hashtag #cessioneMilan.

Già, perché le opinioni sono pericolose. Pericolose, soprattutto, se non sono come le tue, se non sono comprese, se sembrano dettate da qualcuno, se sembrano condite da arroganza o da chissà quale altro sentimento. Mi sono imbattuto recentemente in un tweet di un tifoso rossonero, che ricalca una verità “vera” all’80%: “Mi permetto: un giornalista racconta le cose che le fonti raccontano. Fatti potrebbero essere diversi”. Tutti pendiamo da fonti. E su questo siamo d’accordo. Noi pendiamo da fonti dirette, divenendo fonti secondarie nei confronti dei nostri lettori. L’errore qual è, allora? Per il tifoso più “integralista”, il giornalista non può associare opinioni alle notizie perché, 9 volte su 10, vuol dire che ci sta vedendo del marcio. E se vedi il marcio, oltre a non essere un buon giornalista, vuol dire che non vuoi bene al Milan. E se non vuoi bene al Milan vuol dire che devi seguire “la linea editoriale” (che ora va tanto di moda) o che stai facendo il gioco di qualcuno che ti sta pagando. E se ti stanno pagando sei un venduto. E se sei un venduto… va beh.

Ho sempre avuto un pensiero chiaro, nitido ed assolutamente lucido sull’intera vicenda che porterà il 13 dicembre (resta più probabile rispetto alla prima “chiama” del 2) al passaggio più importante in ottica nuova proprietà: la convocazione dell’attuale assemblea dei soci. Ebbene, come ho sempre specificato nelle sedi che mi hanno finora permesso di spiegarlo, non ho mai avuto dubbi sul “closing” in sé: chi sono per averne e cosa potrebbe un giornalista avere realmente in mano per pensare con il suo verbo di bloccare una trattativa privata? Semmai – e su Twitter tanti miei detrattori lo sanno bene – ho sempre nutrito dubbi in merito ad una modalità tutta nuova nel mondo del calcio italiano di condurre operazioni affidandosi ad un fondo d’investimento. Si chiamano operazioni di “finanza strutturata”: in soldoni vuol dire che poco scopriremo oggi come in futuro. E se scopriremo, sarà perché gli attori protagonisti del fondo avranno voluto veicolare qualcosa in merito. Difficilmente di negativo, ça va sans dire.

Di qui, tre fatti dietro cui si nascondono le mie tre più grandi perplessità su un fondo di investimento composto come quello che, di fatto, rileverà più del 99% di A.C. Milan S.p.A. Fatto numero uno: la cordata sarà guidata da uno o più general partner. Dubbio numero uno: si verrà mai a conoscenza almeno delle identità dei general partner? Fatto numero due: ogni singolo investitore non è a conoscenza degli altri investitori. Dubbio numero due: ogni investitore ha, dunque, la facoltà (pur dietro laute penali) di abbandonare la barca una volta raggiunto il proprio obiettivo? Fatto numero tre: Silvio Berlusconi ha preteso investimenti sportivi per 350 milioni di euro in tre anni. Dubbio numero tre: cosa succederà dopo il terzo anno? Per ora, in mano, abbiamo: comunicati ufficiali di Fininvest, comunicati veicolati da Sino-Europe e Community Group per la parte “cinese”, parole di Yonghong Li. Non abbiamo ancora una parola di Silvio Berlusconi, che a Yonghong, Han e non solo a loro ha stretto le mani il 5 agosto, condividendo una bella giornata di sole in Sardegna in piena estate. Le avremo prestissimo, a questo punto. Anche se, magari, non saranno le ultime visto che, ricordiamo, per la nuova proprietà potrebbe pure rimanere presidente onorario.

A questo punto, non mi resta che chiudere riannodando il filo: 5 agosto, Twitter. È iniziato un po’ tutto lì: il confronto con i tifosi, a cui ho sempre cercato di rispondere, mi ha portato talvolta a difendere anche le posizioni di chi scrive e lavora per SpazioMilan. Abbiamo ospitato tutti, o quasi, senza mai pentircene. Sicuramente abbiamo ospitato tutti coloro che potevano darci qualche notizia in più, che potevano anche proporci diversi punti di vista senza ostentare a tutti i costi il proprio operato e senza ricercare incessantemente claque tra tifosi in cerca di ovvie certezze. Io stesso ho provato più volte a spiegare il mio punto di vista, talvolta estremizzandolo con l’ironia che è parte del mio carattere, talvolta spiegando lucidamente le mie posizioni e rispondendo colpo su colpo (ah, tra l’altro proprio oggi Xi Jinping incontrerà Matteo Renzi: chi ricorda un mio tweet volutamente provocatorio sa che cosa intendo, anche perché è diventato presto di tendenza tra gli screenshot del genere “te lo ritiro fuori al momento giusto”).

Poi però è arrivato lui. E lui, di cui non farò il nome, ha toccato la mia famiglia. Poco dopo, un altro lui si è congratulato perché “me lo meritavo”.

Ecco, io credo che in questo mestiere valga un po’ tutto. È il gioco delle parti e, se fai opinione, è normale farla nel bene e nel male. Se oggi, dopo quasi sei anni, SpazioMilan fa opinione, vuol dire che il mio personale obiettivo è stato raggiunto e i miei ragazzi possono lavorare con la serenità di trasmettere la loro passione attraverso un mezzo che ha un seguito importante. Però penso anche – ed è sicuramente uno scoglio personale difficilmente superabile – che a tutto ci sia un limite. Mi dispiace solo di aver “tradito” una mia convinzione di fondo: quella di non impedire a nessuno di avere accesso ai miei profili sui social network per cercare di interagire con me, per critiche o per curiosità. Questa volta non ce l’ho fatta. Ho bloccato questi “egregi signori” che ben poco hanno dei tifosi del Milan. E, ahimè, credo che d’ora in poi risponderò di meno anche a tutti gli altri. Perché è evidente che il contraddittorio non è per tutti, ma la vita, quella sì che continua e continuerà per tutti. Con o senza #cessioneMilan.

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