GaSport, Gullit: “Sacchi allenatore unico, gli insulti e i falli mi caricavano”

Ruud Gullit, nel corso dell’intervista rilasciata all’edizione odierna della Gazzetta dello Sport, ha parlato anche di Milan: “Vi racconto di Belgrado, ottavi di finale di Coppa dei Campioni, novembre 1988. Il mio fisioterapista personale arriva con un aereo privato e cerca di risolvere il mio problema muscolare. Io provo a correre nei corridoi dell’albergo e lui dice che posso giocare, ma solo quarantacinque o cinquanta minuti. In campo, Donadoni subisce un brutto colpo, tanto che si pensa sia quasi morto. All’intervallo, negli spogliatoi, sentiamo un annuncio con l’altoparlante, seguito da numerosi fischi del pubblico. Quando l’altoparlante ripete in italiano, capiamo che lo speaker ha detto che Donadoni è fuori pericolo e che i tifosi hanno fischiato questa notizia. Questo ci ha dato una rabbia, una carica, tanto che abbiamo vinto anche per questo. Alla fine, quando un loro dirigente è venuto sul nostro bus per scusarsi, l’abbiamo mandato via. Sacchi? Era avanti, era un maestro dell’organizzazione. Il segreto è ripetere gli esercizi in allenamento. Noi attaccavamo in undici contro sei, con solo i quattro difensori e i due centrocampisti centrali, e non facevamo mai gol. Poi, Sacchi toglieva i due centrocampisti e non segnavamo nemmeno in undici contro quattro: quella difesa era organizzatissima, era possibile soltanto tirare da lontano. Altri esercizi? Partita a metà campo a un tocco, undici contro undici, con il campo largo quanto l’area di rigore. Era tutto strettissimo, si imparava a reagire in fretta“.

E ancora: “Sacchi era un allenatore unico. Ricordo che alla Samp, quando pareggiavamo, capitava che Eriksson ci facesse i complimenti. Con Sacchi, dopo un pari, c’erano discussioni per una settimana. Cosa avevo in più di Rijkaard e Van Basten? I capelli! Marco era un grande attaccante, egoista come un attaccante deve essere. Frank era più riservato, ma, per noi, aveva anche senso dell’umorismo. Il più talentuoso era tuttavia Maradona, mentre il più matto era Seba Rossi. Il problema della Serie A di oggi? Gli stadi vecchi. Ciononostante, i risultati internazionali dimostrano che, in Italia, l’interpretazione del calcio è giusta. Un giovane olandese in grado di esplodere? Dico Nathan Aké. Il Chelsea l’ha mandato in altre squadre, poi, al Bournemouth: mi spiace abbia fatto un giro così lungo. Gli insulti razzisti? Anch’io, a Napoli, venivo attaccato per il colore della pelle, ma non lo consideravo razzismo. Secondo me, avevano solo paura, quindi, giocavo al massimo e, alla fine, mi applaudivano. Con i falli, era lo stesso: quando mi picchiavano, mi alzavo subito. Quando si sta giù e ci si lamenta, chi ha fatto il fallo crede di avere centrato l’obiettivo. Io non volevo finisse così“.

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