Critica alla ragion pura

In settimana Luca Serafini, competente scrittore e giornalista sportivo di fede rossonera, ha lanciato una provocazione che ci ha fatto riflettere; è plausibile cambiare squadra se non ci si riconosce più nella società per la quale si è tifato per una vita intera?

Di pancia a prescindere chiunque risponderebbe ‘NO!’. Anche pensandoci un po’ su e attualizzando il quesito, non cambierei il mio orientamento. Non cambierei nemmeno se non sopratutto considerando il momento. Luca compara gli anni complicati anziché no del Totonero che ci condannò alla B e di Giussy Farina che portò il Diavolo sull’orlo del fallimento nel 1986, a questi pur durissimi mesi di transizione tra Berlusconi e la futura proprietà cinese supportata dal fondo americano Elliot. E sfugge il motivo per cui venga dipinto come un orgoglio seguire il Milan in serie cadetta prima e in difficoltà finanziaria poi per la gestione Farina, mentre oggi al contrario il distacco sarebbe così forte da pensare di cambiare addirittura squadra.

Sempre Luca si chiede con quali argomenti un padre oggi potrebbe far appassionare un figlio ai colori rossoneri e verrebbe naturale pensare che possano essere gli stessi coi quali mio padre, coetaneo di Serafini, ha fatto con me, ovvero raccontandomi della nostra Storia, del nostro passato, fatto di pagine epiche e pagine epicamente tristi.
La mia generazione ha vissuto i migliori anni di questa società. I più vincenti di sempre. Abbiamo vissuto anche Istanbul e La Coruna e ora siamo nel pieno della tempesta di un passaggio di presidenza tragicomico. Non serve nascondersi niente tra fratelli rossoneri, siamo d’accordo. Perché non accettare però la ciclicità della vita e dello sport? Perché arrivare a rinnegare la propria fede, sapendo che dopo anni tremendi si può tornare sul tetto del
mondo come capitato al Milan tra un Maldini Cesare e un Maldini Paolo?

Il Milan è il nostro club quando vince e quando non lo fa. Quando è ben condotto e quando no. Non esistono società senza macchia dopo oltre un secolo di storia. Il Milan è mio padre in ginocchio davanti alla TV dopo il pallonetto di Savicevic nella finale di Atene contro il Barça. Il Milan è lo sguardo di Sheva prima di calciare il rigore decisivo di Manchester. Il Milan è i 6 minuti di Istanbul, le magie di Kakà all’Old Trafford, l’omero di Pippo. È il rigore di Pasalic a Doha ed è anche Vangioni terzino sinistro titolare. Senza vergognarsene quando non è sontuoso. È amore incondizionato e irrazionale come ogni passione forte che si rispetti. Non riuscirei proprio a mollarlo. Luca ti stimo da sempre, e non me ne vorrai se questa volta dissento.

Twitter: @fabryvilla84

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