Bonucci come gli altri: quando l’incantesimo svanisce

Nel calcio, purtroppo, succede anche questo: ti addormenti da campione, ti svegli e non riesci più a dimostrarlo. Nel caso di Leonardo Bonucci, l’incantesimo è avvenuto nel giro di una firma. Il tempo di fare i bagagli e trasferirsi a Milano, ad appena un’ora di macchina. Nessun cambiamento trascendentale: il Paese è lo stesso, il clima e la lingua anche, in teoria non è contemplato il classico margine di ambientamento concesso a chi fa un salto nel vuoto e nell’ignoto. Eppure, del Bonucci juventino, quello che ha vinto 7 scudetti, giocato 2 finali di Champions, una all’Europeo per Nazioni, collezionando 227 presenze nella Juventus e 73 in Nazionale, cosa è rimasto?

INVOLUZIONE

La sua involuzione sorprende, ma i milanisti ne sanno qualcosa. Basti pensare all’irriconoscibile Shevchenko al Chelsea o anche a Kakà al Real Madrid. In quei due casi, però, il trasferimento è stato più traumatico sia per distanza che per fattori ambientali (mi piace pensare che entrambi fossero legati al Milan molto di più di Bonucci alla Juve), quindi anche più giustificabile. Ora è diverso. Bonucci è arrivato a Milanello da leader, da capitano, e lo ha fatto in una posizione di forza, in una squadra in cui sembrava facile emergere per uno come lui.

IL CAMPO PIANGE

E invece le cose stanno andando diversamente. Bonucci in campo c’è ma non si vede. Gli avversari gli scappano, lo scavalcano, lo dribblano, e lui sembra un esordiente alle prime armi, impaurito e insicuro. E’ vero, alla Juve era tutto facile, anche sentirsi più forte in una difesa fatta di incastri perfetti, mentre ora tutto è da ricostruire da capo. Allo stesso tempo, però, è difficile accettare che Mr 40 milioni, acquistato a peso d’oro per fare la differenza, sia uno dei più anonimi.

ACCETTARE

Ma è inutile cercare spiegazioni “sovrannaturali”, il calcio è anche questo: imprevedibilità. Ora è inutile piangersi addosso o insultare il giocatore, che sembra già abbastanza disorientato così. Piuttosto, bisogna accettare la possibilità che Bonucci resti proprio così com’è, perché non sarebbe né la prima né l’ultima volta che un campione perde qualche “colpo” strada facendo. Sono umani anche loro. La prossima volta, però, pensiamoci bene prima di assegnare la fascia di capitano. Perché quella sì che è una storia seria.

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