Derby: the day-after. C’è ancora tanto da lavorare…ma il tempo stringe

Non è mai facile per un tifoso riuscire ad analizzare in maniera asettica un incontro perso dalla propria squadra. Se poi l’incontro in questione è il derby e la sconfitta è maturata per un rigore al 90′, l’impresa diviene davvero ardua. Ho, pertanto, preferito attendere circa 48 ore prima di potermi pronunciare sull’incontro di domenica.

A mente fredda, non credo che la prestazione dei rossoneri sia totalmente da buttare o da dimenticare. Nella stracittadina sono emersi pregi e difetti della squadra di Montella, che, certamente, è piuttosto indietro sotto il profilo tattico e dell’attenzione, ma che appare migliorata, invece, sul piano tecnico e caratteriale rispetto alle uscite con Lazio e Sampdoria.

Per quanto sia, infatti, deprecabile l’atteggiamento passivo e rinunciatario dei primi 45′, non può passare, però, inosservata la reazione mostrata, nella seconda frazione di gioco, dai rossoneri, che, più liberi mentalmente per via dello svantaggio, hanno aggredito la trequarti avversaria, macinando occasioni da gol a profusione. Nessuno pretende, ovviamente, che il Milan entri sempre in campo così arrembante, ma è lecito attendersi che, quantomeno con avversari di minor blasone, si tenga per 90′ il pallino del gioco, come raramente è accaduto in questa stagione.

Sotto il profilo tattico, poi, se l’esperimento Borini esterno destro di centrocampo ha fruttato risultati positivi, non altrettanto può dirsi per Suso. Lo spagnolo, quando è relegato al ruolo di seconda punta perde in pericolosità ed è sempre fuori dalla manovra e lontano dall’azione. Non è, infatti, un caso che non appena è stato spostato sulla linea di centrocampo l’intera squadra ne ha beneficiato e lo stesso Suso ha trovato subito la via del gol.

Non paiono, infine, ancora superati, nonostante i quasi venti incontri già disputati, i problemi di adattamento di cui soffrono i nuovi acquisti. Questi accomunano, invero, il Milan ad altre big del campionato (su tutte la Juventus), in cui gli innesti di mercato stanno faticando a metabolizzare i nuovi sistemi di gioco. Tuttavia, per i rossoneri, la problematica risulta amplificata dal fatto che l’intera ossatura della squadra è stata rinnovata in estate e i calciatori più in difficoltà sono proprio quelli di maggior spessore qualitativo, intorno ai quali ruota il progetto tecnico.

Più nello specifico, Bonucci, Biglia e Kalinic,  per ragioni differenti, stanno fornendo prestazioni ben al di sotto delle aspettative e delle loro potenzialità, che, inevitabilmente, stanno penalizzando tutta la squadra.

L’ex centrale juventino non si è ancora cucito addosso la stagione. A fronte, infatti, di social post da leader spirituale del gruppo, in campo non dà mai la sensazione di sicurezza, sbaglia spesso giocata ed è sempre fuori posizione. In suo favore, può, solo dirsi che è sfortunato nell’esser sempre castigato ogniqualvolta sbagli. Ma è tra i rischi del mestiere.

Biglia, poi, a causa dei continui impegni intercontinentali e di un brutto infortunio patito ad agosto, pare in grande difficoltà fisica. Emblematica è l’azione del secondo gol nerazzurro, in cui, dopo aver perso una palla facile a centrocampo, l’argentino riesce a stento a rinvenire su Icardi, che lo spazza via con una spallata. Sia chiaro, tutte le attenuanti del caso per lui, ma se deve ancora recuperare sul piano atletico, non si capisce perché Montella non punti sul più fresco e pronto Locatelli.

L’attacco, infine, rappresenta la vera nota dolente della squadra. Anche contro l’Inter, infatti, le due punte di ruolo schierate in campo dall’aeroplanino sono rimaste a secco: André Silva è apparso ancora troppo leggero e lezioso, mentre Cutrone, pur essendo il più prolifico del reparto, non può sempre togliere le castagne dal fuoco. Kalinic, invece, dopo l’esordio shock con l’Udinese, è caduto in un tunnel di prestazioni abuliche, per esser, poi, vittima di un infortunio che lo ha tenuto fuori domenica sera.

Insomma, la macchina Milan ancora non funziona e, d’altra parte, il decimo posto in classifica non lascia grande spazio a interpretazioni. Non bisogna, però, lasciarsi andare a facili disfattismi o polemiche sterili: serve lavorare (e tanto) in allenamento, per raggiungere una stabilità di modulo e di uomini, evitando continui cambi di formazione. Il tempo a disposizione, però, inizia a consumarsi e se hai cucito lo stemma del Milan sulla maglia e hai fatto un certo tipo di mercato, uscire dalle sabbie mobili della media classifica non è una facoltà…ma un imperativo.

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