Milan, la gamba tesa del New York Times: come spiegare le ombre su Mr. Li

Milan, l’entrata a gamba tesa arriva da New York. Ci sono tre aspetti da mettere in risalto oggi sul fronte delle vicende societarie del Milan. Primo aspetto. La trattativa con il fondo americano Highbridge, anticipata dal Sole 24 Ore e poi ripresa dagli altri giornali, non è affatto conclusa e ci sono diversi aspetti da considerare. Insomma, è molto complessa. Concedere 400 milioni di finanziamento non è una passeggiata per nessun fondo al mondo, neanche per i fondi hedge più speculativi e amanti del rischio.
Secondo aspetto. Secondo quanto risulta al Sole 24 Ore non c’è solo il tema del rifinanziamento sul tavolo. Altrettanto importante, per strutturare l’operazione con Highbridge, sarà individuare un socio di minoranza in Rossoneri Sport, che si affianchi a Mr Li in aumento di capitale. Poi quei soldi serviranno a restituire parte del debito. Si può dire che la ricerca di un socio ai piano superiore è una delle condizioni per far andare in porto tutta la transazione di rifinanziamento, da Elliott a Highbridge.
Terzo punto. Highbridge è un fondo con quartier generale a New York e sedi ulteriori a Londra e Hong Kong. Ora Highbridge è un fondo alternativo, che funziona come tutti i grandi hedge fund. Insomma, alla Elliott, anche se più piccolo. Insomma, è sbagliato dire che Highbridge è il fondo buono ed Elliott il fondo cattivo. Gli hedge fund, per definizione, non sono né buoni né cattivi, ma fanno soltanto i loro interessi. Così farà Highbridge che per stare sull’operazione Milan dovrà avere almeno interessi attorno all’8 per cento. L’investimento sul Milan, il rifinanziamento, una volta raggiunto l’accordo dovrà tuttavia passare dal via libera del comitato investimenti di Highbridge, che ha sede a New York. Cosa decideranno in sede di comitato? L’attesa è che l’operazione possa avere il via libera. Ma c’è una notizia di oggi che mi fa pensare. Ebbene, tutti nella Grande Mela sanno quale sia l’influenza di un giornale come il New York Times. Le sue inchieste su Donald Trump stanno mettendo in difficoltà il presidente americano. E’ uno dei grandi giornali più contro corrente in termini di business: mentre i quotidiani nel mondo arrancano, il New York Times grazie agli abbonati online guadagna fatturato: merito delle sue inchieste. Detto questo, mi ha sorpreso questo articolo su Yonghong Li in cui si denunciano dubbi sulle sue proprietà in Cina: nel dettaglio sulle miniere, che non farebbero capo a lui ma ad altre persone. Ebbene, come più volte indicato da questa rubrica, non mi sorprende più di tanto che Yonghong Li non compaia come diretto proprietario delle miniere: in Cina si è sempre servito di prestanome e molte sue attività sono intestate alla moglie. Insomma, i dubbi sull’uomo d’affari ci sono sempre stati. Al contrario, quello che da osservatore posso segnalare è l’attacco del New York Times al proprietario del Milan. Al di là di chi abbia ragione e al di là della ricchezza (o meno) del patrimonio di Mr Li, cosa avranno pensato gli esponenti del comitato d’investimenti di Highbridge di fronte all’articolo del New York Times, quotidiano che ha una grande influenza negli ambienti newyorkesi che contano?

Fonte: carlofesta.blog.ilsole24ore.com

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