Il Sole 24 Ore, ecco le carte presentate da Yonghong Li sul suo patrimonio

Il New York Times ha ottenuto un grande clamore dall’articolo su Yonghong Li. Ma ad aprile di quest’anno, al momento del closing, Il Sole 24 Ore aveva già anticipato patrimonio e ricchezza dell’imprenditore cinese facendone emergere le incertezze. Tuttavia Mr Li ha un patrimonio, non ingentissimo, ma pur sempre di qualche centinaio di milioni. Insomma, almeno in questo, il New York Times sembra aver fatto qualche piccolo errore di stima.

Ecco un passaggio del libro Berlusclosing uscito nell’aprile di quest’anno. Inoltre questa rubrica è in grado di anticipare anche alcune esclusive immagini dei documenti che lo stesso Li ha consegnato alle banche cinesi al momento di ottenere i primi finanziamenti necessari. Come si vede le miniere di fosfati fanno capo a una holding, la Lion Asset Management, dove il 75% fa capo a Yonghong Li tramite prestanome. E proprio tramite prestanome l’uomo d’affari ha costituito il suo piccolo impero attorno al Milan. In ogni caso, come confermano questi documenti avuti in anteprima, che sarebbero stati verificati dalle banche al momento del closing, Mr Li avrebbe comunque un patrimonio di qualche centinaio di milioni.

Yonghong Li, classe 1969, una moglie, due figlie e un look sempre casual visto che preferisce la T-shirt alla giacca e alla cravatta, è comparso dal nulla. Di lui si sapeva poco o niente in Europa prima di questa operazione e anche in Cina le informazioni su di lui sono scarne se si va ad investigare nel passato…..Gli stessi advisor incaricati dalla neonata cordata cinese Ses Sino Europe Sports, hanno brancolato nel buio quando all’inizio gli era stato chiesto di assistere questo nuovo cliente.
Tanto che, quando si fa il nome di Yonghong Li negli ambienti finanziari cinesi, la risposta che si ottiene è la seguente: “There is no public information on his wealth” cioe’ non esistono pubbliche informazioni sulla sua ricchezza….le uniche informazioni che si riescono ad avere sono quelle relative alla sua intensa attività borsistica di acquisto (e di rivendita) di aziende nel breve periodo.
L’altro dettaglio importante è che Yonghong Li non ha operato quasi mai in prima persona nelle società nelle società di cui era ed è socio ma tramite prestanome. 
Le società dove è coinvolto infatti non sono quasi mai direttamente attribuibili a lui. E’ ad esempio proprio il caso della Ses-Sino Europe Sports, che era stata costituita appositamente per l’operazione sul Milan nell’autunno scorso e che faceva capo a un privato, Chen Huashan, sconosciuto a tutti, che fra l’altro aveva aperto come azionista anche altre due holding allo stesso indirizzo della Sino Europe Sports. Chen Huashan, si scoprirà più tardi, è un professionista di cui si serve spesso Mr Li nei suoi raid finanziari.
La stessa holding personale di Yonghong Li, cioe’ la Jie Ande, farebbe capo a un personaggio sconosciuto, cioè un certo Liu Jhinzhong. Anche in questo caso si dovrebbe trattare di procuratori legali o avvocati. Insomma, Yonghong Li, prima dell’operazione sul Milan, ha sempre utilizzato strutture che potrebbero far pensare a società fiduciarie che schermano gli azionisti. 
Si spiega dunque perché a Pechino e dintorni il suo nome sia abbastanza sconosciuto. Così, prima di salire agli onori della cronaca per il Milan, l’uomo d’affari cinese era noto soprattutto per alcune operazioni di trading in Borsa. Se si guarda ai suoi raid borsistici, una delle operazioni effettuate nel passato è quella sul gruppo Zhong Fu, poi fallito per l’eccessiva tensione finanziaria, transazione dove era coinvolto il private equity internazionale Cvc. Poi c’e’ un’altra operazione compiuta sul gruppo Duolun, per la quale Yonghong Li ha subito un richiamo e una sanzione dalle autorità di Borsa cinesi per 80mila euro. Insomma, nulla di grave, una piccola multa come ne sono state comminate tante anche dalla Consob italiana, anche a personaggi eccellenti.
Ma come ha fatto dunque Yonghong Li ad ottenere la fiducia di Fininvest? Non sembra un magnate ma un normalissimo uomo d’affari, anche se per alcuni osservatori cinesi abbastanza sopra le righe. Mr Li, al momento della presentazione dell’offerta di acquisto per il club ha presentato alle banche e alla holding di via Paleocapa una documentazione sulle attività possedute in Cina a proprio nome. Ma alcune delle attività sono anche a nome della moglie Miss Huang. Mr Li possiede soprattutto partecipazioni in aziende del packaging, ma anche miniere di fosfati e asset nel real estate in alcune grandi città al di là della Grande Muraglia. Documentazione che questo libro fornisce in esclusiva: informazioni che sono stati fornite da ambienti finanziari di Pechino vicine all’operazione. 
Proprio il settore immobiliare sembra una delle attività più rilevanti per il broker, che possiede una quota (il 28% in via indiretta) di un palazzo avveniristico di 48 piani a Guangzhou: il New China Building, un centro commerciale immenso che si estende verso il cielo.
Nei documenti ufficiali il grattacielo di Guangzhou, dedicato al retail e ai negozi, verrebbe valutato in bilancio circa 8,8 miliardi di renminbi, cioè circa un miliardo di euro: forse una cifra eccessiva. La quota nel grattacielo sarebbe posseduta da Mr Li tramite una holding: questa scatola societaria sarebbe stata costituita con Xu Renshuo, cioè il socio d’affari di Mr Li entrato anche nel consiglio di amministrazione del Milan. Il pacchetto azionario dell’edificio varrebbe, dunque, convertito in euro, circa 280 milioni, anche se c’è da dire che la bolla immobiliare ha gonfiato parecchio il settore del real estate in Cina. 
Ma c’è anche un pacchetto azionario di una quotata tra le attività più importanti di Mr Li: ovvero l’11,39% posseduto nella Zhuhai Zhongfu Enterprise, una società attiva nel packaging delle bottiglie per Coca Cola e Pepsi e quotata sullo Shenzhen Stock Exchange: con una capitalizzazione di un miliardo di euro. La quota di Mr Li varrebbe un centinaio di milioni. 
Qualche piccola partecipazione è anche in mano alla moglie di Yonghong Li: come la Zhuhai Zhongfu Plastic Bottling, che Miss Huang possiede tramite la Beverage Packaging Company Limited e la Ruxin New Materials Technology. La Zhuhai Zhongfu Plastic Bottling Co Ltd verrebbe valutata circa 300 milioni di renminbi (cioè 40 milioni di euro). Tra le altre attività in mano alla moglie di Mr Li ci sarebbe anche la DongGuang Transmission & Fuel Injection Technologies (valutata circa 300 milioni di renminbi) della quale Ms Huang dovrebbe possedere circa un 25%. Capitolo a parte è quello delle miniere di fosfati in Cina, un minerale strategico per l’agricoltura, attività che il governo cinese promuove con forza: su queste attività Mr Li, nei documenti presentati alle banche, si vanta di generare un giro d’affari di 800 milioni di renminbi (cioè 108 milioni di euro). La stima di valore fornita è un po’ datata: a novembre 2015 varrebbero circa 648 milioni di renminbi (cioè 87 milioni di euro). A Mr Li fa capo il 75% delle miniere: per un valore di 65 milioni. Quindi, se si sommano le partecipazioni sue e della moglie, si arriva a un massimo di 504 milioni di euro di patrimonio per il misterioso Li. 
Informazioni inedite visto che Mr Li è stato attento a non diffondere in Cina dati sul proprio patrimonio. Tra le poche notizie circolate di recente sull’uomo d’affari, ci sono articoli giornalistici cinesi non proprio rassicuranti. Anzi, sembra che Yonghong Li non sia per niente amato dalla stampa cinese, che negli ultimi tempi lo ha preso di mira con articoli sulle sua attività finanziarie non proprio trasparenti.
Tanto che il novembre scorso il Shanghai Zhengquan, quotidiano finanziario fondato nel 1991 e di proprietà della Xinhua (Nuova Cina), agenzia di Stato e colosso dell’informazione, riportava notizie sorprendenti su Yonghong Li, che tuttavia proprio l’uomo d’affari cinese ha totalmente smentito sia al momento dell’articolo in Cina sia alcune settimane dopo quando le stesse notizie sono apparse in Italia sul Corriere della Sera. Tutto falso quindi? Si tratta davvero una campagna denigratoria inventata dalla stampa cinese? 
Secondo il quotidiano, Yonghong Li alla fine degli anni Novanta è stato al centro di una colossale truffa ai danni di 18 mila risparmiatori che pensavano di investire nell’«economia del futuro» (in pratica nell’agricoltura sostenibile) e invece hanno visto dissolversi tutti i loro soldi: un totale di 800 milioni di yuan (circa cento milioni di euro). La società coinvolta, la «Sanda zhuangyuan» era gestita da Yonghong Li, dal padre, Naizhi Li, e dai fratelli, Hongqiang Li e Yongfei Li. Per la cronaca, secondo quanto riferisce il giornale cinese, i due fratelli di Yonghong sarebbero latitanti dal 2004 dopo una condanna al carcere per truffa. Altre cronache (in questo caso la fonte è l’agenzia Xinhua) riportano invece come una società collegata sempre a Yonghong Li, la Long Gu International, si sia inventata, nel maggio 2015 a Canton, la firma di un memorandum di intesa tra Thailandia e Cina per realizzare un canale artificiale del valore di 85 miliardi di dollari. Ma entrambi i governi hanno smentito dopo pochi giorni. Il reporter dello Shanghai Zhengquan terminava l’articolo dicendo: «Ma che futuro può offrire al Milan un personaggio così?». 
Ciò che più impressiona è che Yonghong Li sembra un imprenditore senza passato. E questa caratteristica, questo alone di mistero, non ha risparmiato l’acquisizione del Milan. Non è un caso che diversi giornalisti abbiano provato ad avere informazioni sulla neo-costituita cordata Ses (Sino Europe Sports) e si siano ritrovati con un pugno di mosche tra le mani. Come i giornalisti di Reuters che si sono recati direttamente all’undicesimo piano del World Trade Centre di Changxing, a due ore da Shanghai, dove sono stati indicati gli uffici legali di Ses, e si sono sentiti dire dal custode e dalle guardie del grattacielo che gli uffici in questione sono da mesi vuoti. 
Ma a rincarare la dose è stato anche un altro giornale cinese. Il quotidiano di finanza Zhengquanshibao rivela infatti che Li Yonghong probabilmente ha avuto anche una doppia identità nella sua vita imprenditoriale. Un certo Li Bingfeng (in cinese 李秉峰) era infatti il presidente di un’azienda immobiliare, che si chiamava “Dahezhizhou Group”. Ma da alcune ricerche Li Bingfeng non sarebbe mai esistito: anzi, Li Yonghong avrebbe avuto un ruolo fondamentale in Dahezhizhou Group. L’articolo del giornale cinese terminava dicendo che si trattava probabilmente di una doppia identità: infatti sia Yonghong Li sia Li Bingfeng sono nati nel 1969 a Maoming, nella regione del Guangdong. Anche in questo caso, il nuovo proprietario del Milan aveva tuttavia smentito e affermato che si trattava di pure invenzioni della stampa.
Insomma, Mr Li sembra poco amato in Cina: non soltanto dai giornalisti, ma tra la stessa classe imprenditoriale…

 

fonte: carlofesta.blog.ilsole24ore.com

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