Storia di un ex, Massimiliano Allegri: una vita nel segno del Milan

Che il destino di Max Allegri sia inestricabilmente legato ai colori rossoneri lo si intuisce il 13 settembre ’92, quando quel “ragazzotto” toscano dai piedi buoni, lanciato nella massima serie da Giovanni Galeone, segna, proprio in un Pescara-Milan 4-5, il suo primo gol in serie A.

Passano gli anni e Allegri, appesi, nel frattempo, gli scarpini al chiodo, viene assunto, nel 2008, come allenatore del Cagliari, dopo una panchina d’oro di Serie C, vinta alla guida del Sassuolo. I rossoblu partono male, anzi malissimo: 5 sconfitte in altrettante partite e alla sesta giornata devono ospitare al Sant’Elia, nientemeno, che i campioni d’Europa in carica del Milan. Il presidente Cellino chiede l’impresa al suo mister e lui, per tutta risposta, non perde e, anzi, inchioda sullo 0-0 Dinho e co.

Salvata la panchina, Max inizia un percorso lungo e soddisfacente col “Casteddu”, il cui gioco spregiudicato e offensivo convince Galliani, in uno dei rari momenti di lucidità, a designare il tecnico livornese come erede di Sacchi, Capello e Ancelotti. Così, dopo la rituale cena ad Arcore, il 25 giugno 2010 Allegri viene ufficializzato come allenatore del Milan.

La squadra affidata all’ex Cagliari è buona e lo dimostra alla prima di campionato, travolgendo il Lecce per 4-0. Ma, il 31 agosto, allo scadere del mercato, la rosa viene ulteriormente impreziosita dell’uomo che farà la fortuna dell’Allegri-allenatore: Zlatan Ibrahimovic. Sin dall’esordio col Cesena, è chiaro a tutti che il tecnico livornese ha deciso abdicare al suo gioco per incentrare tutto sullo svedese, dal cui umore dipendono la gran parte dei risultati dei rossoneri.

Troppo timoroso e debole con Zlatan, Max fa, però la voce grossa con i suoi senatori, che, dopo aver fatto la storia recente del Milan, vengono frettolosamente accompagnati all’uscita. Errore imperdonabile questo, per Allegri, che, gli costa, prima, lo spogliatoio e, poi, uno scudetto, quello 2011-2012, che pareva già annunciato.

Da quel momento il rapporto col Milan e i suoi tifosi va in altalena: gli addii di Ibra e Thiago Silva, la breve parentesi di Balotelli, con un terzo posto imprevedibilmente conquistato nel finale di Siena, il palo di Niang, che condanna all’eliminazione dalla Champions, l’acquisto di Matri e la zona retrocessione, sino al capolinea di Sassuolo, dove Berardi lo condanna all’esonero.

Max, indubbiamente, vale tanto come allenatore, ma l’eccessiva convinzione nei suoi mezzi, che talvolta  trascende nella superbia, ne ha condizionato la carriera, che, in rossonero e non, avrebbe potuto esser condita da ben più numerosi trofei.

Allegri, da calciatore, ha indossato anche la maglia del Napoli, col quale, nella stagione ’97-’98, ha disputato solo 7 incontri in Serie A.

 

 

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