Storia di un ex, Paolo Di Canio: un ribelle senza causa alla corte di don Fabio

Il Milan della stagione ’94-’95, campione d’Italia in pectore, decide, a novembre, di sbaragliare la concorrenza, prelevando dalla Juventus, per 6.8 miliardi di lire, l’estrosa ala romana Paolo Di Canio.

Il calciatore scuola Lazio, solo qualche mese prima, con indosso la maglia del Napoli, ha umiliato in dribbling Baresi e Maldini, prima di siglare il gol del definitivo 1-0 dei partenopei sui rossoneri. Tanto è bastato per convincere Galliani della bontà del suo acquisto.

A Milano vince il primo e unico scudetto della sua carriera, nella stagione 1995-1996, disputando un totale di 53 gare con 7 gol all’attivo. La sua esperienza rossonera si chiude, però, anzitempo a causa di una lite furibonda, nel corso di una tournée in Oriente, con il tecnico Fabio Capello, che dà, conseguentemente, il placet alla sua partenza oltremanica.

Mai banale nelle sue azioni, Di Canio è uomo, ancor prima che calciatore, discusso e discutibile: capace di compiere gesti esemplari per correttezza e  sportività (come fermare  a porta vuota un’azione della sua squadra per far soccorrere il portiere avversario infortunato) e, contemporaneamente, aggredire fisicamente un arbitro o esultare con il saluto romano rivolto ai propri supporters. Politicamente molto attivo, non ha, infatti, mai nascosto la sua vicinanza agli ideali di estrema destra, che gli ha causato, però, diversi problemi di tipo giudiziario e lavorativo.

Grande intenditore Premier, Di Canio ha ricoperto il ruolo di manager allo Swindon Town e al Sunderland, salvo poi lasciare il calcio giocato, per divenire commentatore tecnico per l’emittente Sky Sport.

 

 

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