Che tristezza l’obiettivo Europa League

6 punti in meno dell’anno scorso dopo 12 partite significa un punto perso ogni due gare rispetto alla modesta squadra della passata stagione. Oltre il 20% in meno quando siamo solo alla sosta novembrina delle nazionali. Proiettando questo ritmo di marcia all’intero campionato si deduce facilmente che il Milan è destinato a non entrare nemmeno in Europa League, modesto obiettivo faticosamente raggiunto la scorsa stagione. C’è di buono che solitamente nel girone di ritorno molte partite sono più facili e molte squadre sono meno motivate, ragione per cui il sesto posto rimane un obiettivo raggiungibile.
Fa tristezza parlare di “obiettivo Europa League” dopo il sontuoso mercato ricco di illusioni e la rutilante estate piena di bugie. Purtroppo o per fortuna hanno le gambe corte. Se ne sono accorti subito anche i 60.000 di Milan-Craiova e, spero, anche coloro che prima ancora di cominciare a giocare avevano eletto “Mirabelli e Fassone i migliori acquisti della stagione”. Dopo neanche due mesi la “vecchia” proprietà si è affrettata a prendere le distanze dalle strategie societarie e di mercato dei due “debuttanti”. E anche da quella “nuova” sono arrivate le prime critiche, frettolosamente rintuzzate da Han David Li, uno dei tanti cinesi “senza portafoglio” di questo misterioso Milan orientale. Al povero Yonghong Li, per il quale comincio a nutrire un profondo sentimento di simpatia e solidarietà, dopo che ha speso 1 miliardo per comprare il Milan e 250 milioni per rinforzare la rosa, si chiede un altro sforzo sul mercato a gennaio per acquistare un attaccante. Ci vorrà tutta l’arte della pazienza Zen per sopportare l’ennesima richiesta della coppia Mira-Fax pronta a buttarsi nuovamente sul mercato.
Con la stessa pazienza bisognerebbe spiegare ai due novelli dirigenti che una squadra non si costruisce accatastando giocatori a caso, buoni o non buoni che siano. Una “squadra” si costruisce pian piano, senza buttare via tutto e ripartire da zero. Senza sovvertire le gerarchie dello spogliatotio. Senza scegliere il capitano sulla carta. Senza strapagare 8 milioni un buon gregario in un gruppo dove lo stipendio medio non arriva a due. Senza delegittimare l’allenatore. Senza imporgli moduli e scelte tecniche. Queste sono cose che un buon dirigente sa e valgono dalla Terza Categoria alla Serie A. Queste cose sono le cose che permettono di costruire una “squadra”. Chi compra 11 giocatori nuovi e pretende che formino subito una squadra non è un buon dirigente. E il vero problema del Milan di quest’anno è proprio il fatto che non sia una squadra. Non lo è in campo e non lo è fuori dal campo.
L’anno scorso i valori tecnici erano nettamente inferiori ma il Milan era una squadra e Montella era stato bravo a costruirla. Difficile pensare che si sia improvvisamente rincoglionito e che quest’anno non sia più capace di farlo. Il punto è che è stato messo nelle peggiori condizioni per costruirla e poi gli sono state addossate tutte le colpe. Un gol subito in più e uno segnato in meno rispetto all’anno scorso in teoria non giustificherebbero questa differenza di rendimento, ma i 6 punti in meno in classifica sono determinati proprio dal fatto che il Milan non sia una squadra. I giocatori non sanno lottare insieme, non sanno soffrire insieme. Ovviamente questo aspetto si evidenzia soprattutto nelle difficoltà e quindi nelle partite dove si alza l’asticella. Non a caso i 19 punti il Milan li ha fatti tutti contro le squadre che stanno nella parte destra della classifica. Mentre contro tutte le altre ha sempre perso. Non pareggiato o sofferto. Ma proprio perso. Contro tutte. Il che è inaccettabile per una squadra rinforzata con una campagna acquisti da 250 milioni. Inaccettabile per una squadra che avrebbe dovuto lottare per i primi 3 posti. E’ ancora più inaccettabile pensare che a gennaio si dovranno spendere altri soldi per entrare in Europa League. Dove l’anno scorso siamo arrivati con acquisti del calibro di Sosa e Gomez.
L’unica speranza di Montella è provare a ricostruire quello smarrito senso di unità e di squadra, cosa che può tentare di fare appoggiandosi ancora una volta ai “vecchi”. Al solito Montolivo, a Bonaventura, Abate e a quel manipolo di giovani per lo più italiani di talento e prospettiva che già l’anno scorso avevano dimostrato di “sentire” addosso la maglia del Milan, Romagnoli, Suso, Locatelli, Cutrone e Donnarumma.
Insomma, svanite tutte le illusioni estive, è ancora la vecchia guardia che ci può salvare la stagione. Dovrebbero trarre insegnamento i due “esordienti dirigenti” invece che rituffarsi sul mercato a spendere i milioni. C’è anche da dire che non sono i loro e finchè il buon Yonghong Li glieli dà o glieli fa prestare possono sbizzarrirsi. Speriamo che il “conto salato” arrivi il più tardi possibile al caro vecchio Yonghong. Speriamo che non si accorga di quanto gli hanno fatto spendere nell’assemblea di lunedì prossimo che approverà il primo “bilancino” della nuova era. Sempre che lui sia presente… Perchè ho come l’impressione che abbia preso l’abitudine di alcuni amministratori della precedente gestione che non si presentavano mai.
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