Storia di un ex, Cesare Maldini: patriarca di una dinastia

Non pare ancora vero che ci abbia lasciato. Cesare Maldini, era nato a Trieste, è stata una bandiera, è stato un simbolo, ha rappresentato i veri valori del Milan che fu. Il 3 aprile del 2016 la sua scomparsa ha segnato tutto il mondo calcistico e in particolare quello rossonero. Dove il seme di famiglia era stato piantato e continua a crescere. Iniziato da Cesare, che aveva esordito nel 1954, arrivato poi a Paolo buttato in campo nel freddo inverno del 1985 a Udine da Nils Liedholm. E poi i nipoti, Daniel e Christian che al momento non paiono avere la stessa fortuna dei loro parenti.

Cesare, triestino verace che veniva dal rione Servola, con quel balbettio e quella zazzera di capelli scuri, è il patriarca di una grande dinastia che ha segnato almeno due epoche di Milan. Lo ha guidato prima dalla difesa (in tutti i ruoli: terzino destro, sinistro, libero e stopper) scontando qualche “Maldinata”, come venivano chiamate alcune delle sue uscite a vuoto e poi anche dalla panchina. Uomo di calcio esperto e navigato, è stato il primo capitano di una squadra italiana ad alzare la Coppa dei Campioni, nel 1963, a Wembley, contro il Benfica. Storia, tradizione e appartenenza: si possono trovare tre definizioni migliori per la famiglia Maldini? Quarant’anni dopo, sempre in Inghilterra, il figlio Paolo alzava il sesto suggello europeo dei rossoneri nella massima competizione. Maldini era un pilastro ma anche un uomo del “Sior Rocco”, che quando aveva bisogno di consigli sicuri, si affidava al suo ristretto gruppo di scudieri, di cui lui faceva pienamente parte.

In dodici anni con la maglia del Milan, Cesare vive il passaggio tra i Cinquanta e i Sessanta dove il Milan scrive alquanto spesso il suo nome sugli albi d’oro. Prima i trionfi del 1955 (alla sua prima stagione) e poi nel 1957 e nel 1959 in campionato. E ancora, quel tricolore che porta al Benfica, nel 1962, sino all’addio del 1966, quando Cesare approda al Torino per un’ultima stagione da protagonista.

Al suo nome è legato anche il derby dell’11 maggio 2001, quando coadiuvato da Tassotti in panchina, Cesare conduce un Milan scialbo di fine stagione a uno straordinario cappotto sull’Inter nel derby per 6-0. D’altronde allenare gli riusciva bene: negli anni Novanta con la nazionale Under 21, infila tre Europei di fila. Celebri le sue immagini di esultanza, soprattutto dopo la vittoria ai rigori sulla Spagna nel 1996 prima di guidare anche la nazionale maggiore ai Mondiali di Francia ’98. Teo Teocoli ne ha tratteggiato il fatto istrionico riuscendo in una imitazione azzeccatissima che ha deliziato per anni gli spettatori e che oggi è scomparsa con lui. Perché il Milan, oltre che un affare di cuore, per i Maldini è stato davvero un affare di famiglia.

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