Continua la lunga ricerca della consacrazione per una stellina presente, ma un po’ più in ombra

niang (spaziomilan) bisSe quella sera a Barcellona la palla non si fosse stampata sul palo, ma fosse finita in rete qualcosa sarebbe cambiato. Qualcuno dice che il Milan sarebbe passato ai quarti di finale di Champions, di certo però se non altro c’è che Mbaye Niang si sarebbe scrollato di dosso la nomea di “sciupa gol”. La corsa verso la porta di Valdes però ha prodotto l’esatto contrario dando man forte alla tesi secondo cui l’ex Caen ha ancora bisogno di crescere per trovare la freddezza degna dei migliori attaccanti.

Dall’esordio contro il Bologna a settembre, passando per i mesi dell’ambientamento a Milanello, fino ad arrivare al gol in coppa Italia contro la Reggina. Il primo ciclo di Niang si è chiuso contro gli amaranto, poi è nato un giocatore nuovo: più maturo e parecchio generoso anche in fase difensiva. Il ruolo cucitogli addosso da Allegri, l’arrivo di Balotelli e la nascita dell’attacco a tre creste. Scarica elettrica sulla fascia destra, spina nel fianco per ogni difesa. Contenerlo in velocità è difficile per chiunque. Poi c’è l’intesa con i compagni di reparto, già ottima nonostante qualche leggera e momentanea arrabbiatura sulle punizioni che sono territorio quasi esclusivo di Balotelli.

Dall’errore del Camp Nou però c’è un Niang meno spregiudicato. Ecco il calo: leggero, ma che frena la sua prepotente ascesa. Prima mancava solo il gol, ora si registra qualche panchina di troppo dovuta proprio alla piccola, e pronosticabile, involuzione di un talento che ha attirato su di sè le mire di un club come il Real Madrid. La via della consacrazione passa anche per strade in salita e a 18 anni è concesso impiegarci più tempo arrivare al traguardo. Poi ci saranno pali e traverse da vendicare.

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