Un Pipa in meno, un Baka in più. E’ il Milan 2.0: meglio così?

G. Donnarumma; Calabria, Musacchio, Romagnoli, R. Rodríguez; Kessié, Biglia, Bonaventura; Suso, Higuaín, Borini. Il 31 agosto il Milan scendeva così in campo a Napoli: era la prima uscita ufficiale. Borini prendeva il posto di Calhanoglu, ma per il resto era quello il Milan costruito da Gattuso in estate. Cinque mesi dopo, per necessità, è cambiato tanto. Dietro Zapata è diventato un punto fisso e Conti scala le gerarchie (con Calabria e Abate che nel mentre rispondono quasi sempre alla grande). In mezzo c’è Bakayoko e non Biglia, il solito Kessie e Paquetá. Davanti non c’è più il Pipita. 

Sono cambiati gli uomini, per questo è cambiata la dimensione della squadra. Quello estivo era un Milan decisamente qualitativo. Con regista tipico e centravanti tuttofare. Quello di gennaio è un Milan molto più robusto, concreto. Con regista tuttofare e centravanti tipico. Se prima era un Milan fatto di qualità, ora è un Milan fatto di fisicità, ma con picchi di qualità. Le novità decisive sono al centro e in attacco. 

Il cambio Bakayoko-Biglia è quello determinante. Perché un filtro diverso significa un’interpretazione della partita diversa. Se Biglia accentrava su di sé l’impostazione della fase di possesso, limitandosi alla chiusura delle linee in quella di non possesso, Bakayoko accentra su di sé l’impostazione della fase di non possesso, limitandosi a fluidificare in quella di possesso. Bakayoko privilegia il break, Biglia il lancio. Sono modi diversi di fare calcio. Il primo tendenzialmente più verticale, il secondo più orizzontale. Uno istintivo, l’altro ragionato. Insomma cambiano gli interpreti e cambia l’interpretazione. 

Oltre al riferimento centrale, è cambiato anche il riferimento finale: il centravanti. Perché è naturale che se hai Higuain giochi in un modo, con chiunque altro giochi in un modo diverso. Higuain è uno che tende a far giocare la squadra per sé (quanto ci sia riuscito Gattuso è un bel tema). Esce a prender palla, s’improvvisa regista, dialoga con i compagni, imbuca. Cutrone e Piatek sono attaccanti diversi: meno eclettici, meno atipici. Di certo non forzano l’accentramento della manovra su di loro, così come avveniva con Higuain. E di questo, evidentemente, possono beneficiare gli uomini di qualità: vedi Suso, Paquetà e Calhanoglu. Dunque di riflesso anche loro stessi (Cutrone o Piatek). 

Insomma che sia un Milan diverso non c’è dubbio. Quale sia quello migliore lo dirà il campo.

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