Il razzismo e le colpe di Gattuso: ecco perché la stagione si è sgretolata

Mercoledì sera ero a San Siro. Primo anello arancio, fila 3, praticamente a cinque metri dal guardalinee. Per tutta la partita, ininterrottamente, intervallo compreso, ho sentito il coro dei tifosi della Lazio: “Bakayoko, Bakayoko, questa banana è per Bakayoko”. Intervallati dagli ululati “bu bu bu bu” ogni volta che uno tra Kessié e Bakayoko toccava la palla. La giustificazione “gli arbitri non hanno sentito” fa ridere. Così come fa ridere la classica scusa del “non si può sospendere la partita per quattro stupidi”.

I quattro stupidi erano tutta, ma proprio tutta, la curva biancoceleste. Che cantava ininterrottamente, a squarciagola. Nonostante ciò, le manifestazioni di razzismo non sono state punite in campo e non saranno punite dal giudice sportivo. Se non con la solita ammenda “di facciata”. Come di facciata è stato l’annuncio dello speaker dello stadio mercoledì sera. Un solo annuncio, a inizio secondo tempo. La politica del calcio e dello sport, in tutto il suo romanocentrismo, non interverrà se non con la solita multina di facciata. Come sempre ci sono delle regole, ma non si fanno rispettare. L’Italia. Ma stavolta non ci stupiamo.

Tutto questo era inevitabile. Assolutamente inevitabile. Secondo voi Mazzoleni, dopo le polemiche arbitrali scaturite dal Milan-Lazio di campionato di soli dieci giorni fa e soprattutto dopo lo tsunami mediatico generato dalla scenetta della coppia Kessié-Bakayoko sotto la Sud, avrebbe mai sospeso la partita? Ma figuriamoci. Gli arbitri leggono i giornali, i siti e ascoltano radio e tv più di noi. E loro stessi si sono resi conto di come la politica del nostro calcio ha duramente stigmatizzato l’episodio dei due incauti centrocampisti rossoneri. Me la sono presa tantissimo con Kessiè e con Bakayoko per quella scenetta. Non per il valore in sé dell’accaduto. Ma per quello che avrebbe provocato. Soprattutto a dieci giorni dalla semifinale di Coppa Italia. Per questo motivo i due dovevano assolutamente evitare una bravata, o meglio una “cazzata” di quel tipo. Inutile, di cattivo gusto e soprattutto dannosa per il Milan. Quel gesto, che le istituzioni del calcio hanno condannato e strumentalizzato, ha provocato una serie di reazioni a catena. Da una parte ha ricompattato la Lazio e ha risvegliato l’orgoglio di una formazione svuotata, a fine stagione e demotivata quasi quanto il Milan. Dall’altra quell’episodio ha rappresentato la miglior provocazione possibile e immaginabile per una tifoseria come quella della Lazio, solitamente inquinata da fenomeni di stampo razzista.

Ai tifosi della Lazio non sembrava vero avere una scusa per scagliarsi contro Kessié e Bakayoko. Non solo. Nella loro ignoranza i razzisti travestiti da tifosi, si sono addirittura sentiti in qualche modo “supportati” dalle istituzioni. Quelle stesse che, in pieno stile italiota e pilatesco, derubricheranno con due mini-punizioni entrambe le questioni, cioè sia la scenetta Kessié-Bakayoko sia i cori di mercoledì. Come dire, una cosa elide l’altra e via con i tarallucci e il vino. Un grande classico. Purtroppo. Il rimpianto è che senza la provocazione dei due rossoneri, probabilmente lo stesso Mazzoleni mercoledì sera sarebbe stato più intransigente e la sua momentanea sordità non sarebbe stata così profonda.

Detto questo, dobbiamo dire che le proteste dei dirigenti rossoneri post gara per la mancata sospensione sono state fuori luogo e fuori tempo. Se vuoi protestare per quei cori vergognosi fallo durante la partita e metti pressione all’arbitro affinché possa intervenire. E invece non risulta che nessuno del Milan abbia detto nulla a Mazzoleni a gara in corso. Oltretutto il Milan la partita l’ha persa sul campo. Nettamente. Gattuso ha sbagliato tutto e la squadra lo ha seguito. Dopo una prestazione di quel tipo i tifosi rossoneri sono incazzati per come stiamo buttando via una stagione che poteva essere molto bella, non certo per i cori razzisti. Quelli con il calcio non hanno niente a che vedere. E tirare fuori la mancata sospensione del match dopo una gara così mal giocata e giustamente persa, sembra quasi che nasconda la volontà di trovare un alibi, una giustificazione, una scusa, un’ingiustizia arbitrale. Che non c’è. O che comunque non c’entra nulla con la partita indecorosa giocata dal Milan.

In questa settimana avremmo potuto festeggiare la finale di Coppa Italia e la virtuale qualificazione alla Champions League e invece probabilmente ricorderemo questi giorni per il doppio fallimento. Per essere sicuri di andare in Champions siamo obbligati a vincere le ultime cinque partite. Peccato che nelle ultime sei abbiamo fatto cinque punti. Già domenica la Roma opererà il sorpasso e dopo la Coppa Italia potremo salutare anche la Champions League. La squadra è disorientata e disunita. Irriconoscibile. La colpa è soprattutto di Gattuso che da quando ha capito che l’avrebbero esonerato in ogni caso ha mollato. E la squadra lo ha capito. Come accade sempre. La dirigenza, un po’ inesperta, non è riuscita a frenare questo fenomeno di autodistruzione delle ultime settimane. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Ancora una volta, come in tutti questi ultimi anni, le divisioni interne si sono impossessate del Milan. Divisioni a livelli dirigenziali, con Gazidis da una parte e Leonardo dall’altra. Divisioni nello spogliatoio. Le scelte tattiche e di formazione di Gattuso contro la Lazio sono state le più inconcepibili dell’anno. Un vero peccato buttare alle ortiche una stagione così. Speriamo di sbagliarci di grosso e speriamo che proprio come accadde nel 2013, nonostante le profonde spaccature interne, si riuscì a vincere a Siena e a staccare l’ultimo pass per la Champions League. All’epoca però l’allenatore, il tanto vituperato Allegri, remava dalla parte del Milan. Gattuso nelle ultime settimane lo sta facendo?

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