Ibra, la volta buona (in ogni senso)

Pare che questa sia davvero la volta buona: il ritorno di Ibrahimovic al Milan è cosa fatta. Sinceramente non capisco i milanisti che storcono il naso e parlano di futuro e progetti. Chiedo loro: ma scusate, negli ultimi anni quale futuro e quali progetti ha disegnato la società? Abbiamo cambiato dirigenti e allenatori come calzini, abbiamo assistito alle più misteriose metamorfosi societarie e sono passati migliaia di giocatori sopravvalutati che hanno riempito le tasche degli addetti ai trasferimenti e svuotato il cuore dei tifosi.

Dopo tutto questo il problema sarà Ibra e i suoi 38 anni? Potevo anche capire le perplessità sulle “operazioni nostalgia” tipo Shevchenko e Kakà in un Milan strapieno di campioni. Ma in questo caso la situazione è totalmente diversa. Ibra non viene a togliere il posto a un giovane e promettente attaccante in rampa di lancio. Ibra non viene a rompere gli equilibri di uno spogliatoio forte, coeso e con precise gerarchie. Ibra non viene a inquinare un sistema di gioco collaudato e produttivo. Nulla di tutto questo. Ibra arriva in un Milan malconcio, con giocatori mediocri, con una società che non è in grado di impedire l’uso degli smartphone durante il riscaldamento prepartita e in una squadra che a dicembre vanta un terzino come miglior cannoniere stagionale. A questa stregua Ibra non è un lusso, non è un capriccio, non è un’operazione nostalgia. E non parlatemi di progetti a lunga scadenza per un club che se si qualifica per le coppe europee non è nemmeno sicuro di avere i bilanci in ordine per potervi partecipare.

E’ chiaro che l’arrivo di Ibra a dicembre 2019 non è minimamente paragonabile all’ultimo vero mercato dell’era Berlusconi dell’estate 2010, quando rispondemmo al fastidioso triplete nerazzurro calando un tris d’assi Ibra-Robinho-Boateng che ci trascinò all’ultimo scudetto. I tempi non sono più quelli e nemmeno Ibra è lo stesso. Ma sicuramente può far meglio di Piatek in campo e può essere più incisivo di Romagnoli nello spogliatoio. Senza contare l’entusiasmo che ridarà al tifo rossonero che sta vivendo l’ennesima stagione anonima.

Anche Pioli è l’allenatore giusto per accogliere uno come Ibra che, lo sappiamo, ha bisogno di un allenatore disposto ad affidarsi totalmente a lui, non di uno “alla Conte”. Ora non ci resta che contare gli ultimi giorni, sperando di continuare a fare qualche punticino fino a Natale. Ultima annotazione “politica” sull’arrivo dello svedese. In questo caso ha “vinto” la volontà di Boban e Maldini. Sono riusciti a costringere Gazidis a prenderlo, benchè si tratti di un giocatore di Mino Raiola, che sta tornando sempre più in auge a Milanello e dintorni. Boban e Maldini dunque sono riusciti nel tentativo fallito da Leonardo e Gattuso. Sappiamo che il “niet” dell’ad sudafricano per Ibra fu alla base dei dissidi con l’ex allenatore e l’ex dirigente che a fine stagione si sarebbero dimessi.

Il fatto che quest’anno Gazidis abbia dovuto cedere “ob torto collo” alle pressioni provenienti da Boban e Maldini significa che anche Gazidis non è più così intoccabile. Se a fine anno se ne andasse non sarebbe affato male per il futuro del Milan.

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