Giacinto Facchetti, presidente dell’Inter all’epoca dei fatti, poi scomparso a settembre 2006, “aveva una fitta rete di rapporti, stabili e protratti nel tempo, con entrambi i designatori arbitrali, Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto, fra i cui scopi emerge tra l’altro il fine di condizionare il settore arbitrale“.Riguardo all’ Inter “è emersa l’esistenza di una rete consolidata di rapporti di natura non regolamentare diretti ad alterare i principi di terzietà, imparzialità e indipendenza del settore arbitrale“. Moratti ha fornito giustificazioni idonee a sminuirne la rilevanza. In particolare, ha dichiarato di avere ritenuto le frasi pronunciate dal designatore come tentativi di accreditamento ma, nonostante la ragionevolezza di tale spiegazione, rimane il contrasto obiettivo fra il contenuto delle telefonate in parola e i principi di terzietà , autonomia ed indipendenza del settore arbitrale, cui anche i dirigenti delle società devono, ovviamente, concorrere. E l’avere accettato la conversazione su temi quali la “conferma di un clima di cordialità” di cui sanno solo gli interlocutori ovvero una richiesta di gradimento preventivo di una designazione diretta a cui segue la rassicurazione da parte del socio di riferimento che avrebbe salutato personalmente l’arbitro, integra, certamente, una condotta di rilievo disciplinare.
Infine, “non può non rilevarsi che lo stesso Moratti fosse comunque informato della circostanza che il Facchetti avesse contatti con i designatori, come emerge dalle telefonate commentate, nel corso delle quali è lo stesso Bergamo che rappresenta tale circostanza al suo interlocutore. Anche con riferimento alla posizione del presidente Moratti va ripetuto integralmente, e si deve qui ritenere per riportato, quanto osservato sulla pretesa convinzione di agire in presenza di una causa scriminante che, si ripete, questa Procura valuta insussistente. Ne consegue che la condotta del tesserato in esame, in considerazione dei temi trattati con il designatore e della frequenza dei contatti intercorsi, appare in violazione dell’art. 1 CGS vigente all’epoca dei fatti, sotto i molteplici profili indicati“.
Di fronte a tutto ciò il signor Moratti si è alterato: lo ha definito “un attacco grave ed inaccettabile”. Perchè? Non può essere indagato un presidente quando risulta essere presente nelle stesse circostanze di persone che son state radiate o rovinate? Difendere un titolo conquistato e festeggiato a tavolino ha poco buon senso per le persone comuni. Per Moratti no. Quello scudetto per il patron dell’ Inter non è solo un “trofeo” da aggiungere alla bacheca interista. Quello scudetto è stata una svolta epocale. E’ stata una rivoluzione nel calcio italiano: l’ Inter è riuscita ad imporsi in Italia, non riusciva col merito, c’è riuscita attraverso una falsa giustizia. Perdere questo scudetto vorrebbe dire perdere la centralità dell’ Inter in Italia, perdere la sensazione di dominatore del calcio nostrano. Per Moratti è la fine di una sofferenza infinita, di un sentimento di inferiorità nei confronti di Juve e Milan.
Caro Moratti, noi non vogliamo il “nostro” scudetto vinto sul campo indietro; vogliamo che non sia suo. Faccia il signore per favore.
Andrea Bimbi