SM INCHIESTA – San Siro di proprietà, una missione (quasi) impossibile

San Siro di proprietà del Milan? Difficile, se non impossibile. Lo ha confermato ancora lunedì scorso Adriano Galliani: “La Juve è riuscita a fare lo stadio per condizioni favorevoli, a Milano non avresti mai l’appoggio del Comune perché Milan e Inter pagano otto milioni e mezzo l’anno di canone”. Eppure, a pensarci bene, sarebbe quantomeno una follia costruire nuovi impianti quando se ne ha a disposizione uno come il Meazza.

Ma perché al Comune di Milano non converrebbe un’operazione del genere? Andiamo con ordine. San Siro è senz’altro uno tra gli stadi più moderni d’Italia, in una posizione privilegiata, servito dai mezzi di superficie e dal 2015 dalla linea M5 della metropolitana. Riqualificare l’impianto e l’area circostante con nuove zone residenziali, servizi commerciali e attrazioni per il tempo libero aumenterebbe (e di molto) il valore dell’intero quartiere. Il nodo, però, è la convenzione che lega l’amministrazione comunale e il Consorzio San Siro 2000, che riunisce Milan e Inter: un accordo trentennale, quindi valido fino al 2030, che regola l’uso e la gestione del Meazza. Dallo scorso 1 gennaio fino al 31 dicembre 2016, il documento prevede che il canone annuale di affitto da versare al Comune, pari a 8,4 milioni di euro, sia diviso tra denaro e opere di ammodernamento a carico delle due società.

Nel dettaglio, Milan e Inter si sono impegnate ad erogare ogni anno oltre 2,5 milioni di euro cash e circa 5,9 milioni in lavori di riqualificazione. Dal 2017, in teoria, si tornerà ad una ripartizione diversa: 4.47 milioni in denaro e la rimanenza nelle cosiddette “opere a scomputo”.  Obiettivo fissato: rendere lo stadio più in linea con i parametri dettati dall’Uefa per ospitare una finale di Champions League. E il sogno sarebbe quello di organizzare al Meazza l’ultimo atto della massima competizione europea nel 2015, anno dell’Expo. Tra i numerosi interventi in programma ci sono il risanamento della copertura, la realizzazione della nuova segnaletica dello stadio, il rifacimento dei servizi igienici dei tre anelli, la realizzazione di sei sky lounge nel primo anello rosso e altri sei nel primo arancio. E ancora: una sala executive nel primo arancio, nuove poltrone riscaldate con monitor tribuna d’onore nei settori rosso e arancio, ampliamento del museo e un’area ristorazione da 3.500 metri quadri.

Alla luce di tutto ciò, perché un Comune dovrebbe vendere San Siro quando ci guadagna oltre 8 milioni di euro all’anno, delegando i lavori di ammodernamento alle società che lo utilizzano? La legge sugli stadi, ancora in discussione in Parlamento, dovrebbe favorire la costruzione di nuove strutture, favorendo le procedure burocratiche sia per chi vuole realizzarle, sia per chi vuole cedere le aree. Dopo una prima lettura alla Camera il testo si è fermato, anche a causa del cambio di governo. E così il caso dello Juventus Stadium resta, per ora, un unicum a livello italiano, con buona pace di tutti.

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