L’importanza del “nuovo che avanza”

La settimana rossonera che si è da poco conclusa ha avuto il doppio volto dell’amarezza e della gioia. L’amarezza per la sconfitta contro la Juve e per delle prestazioni, Udine compresa, molto al di sotto delle aspettative; la gioia per un risultato, proprio quello della partita di sabato, che sa di impresa, sia per come è arrivato, sia perché a Udine nessuno, squadra di Conte compresa, era ancora riuscito a vincere. Una settimana, dunque, come due facce di una stessa medaglia, con aspetti e protagonisti positivi e aspetti e protagonisti negativi.

Partiamo da questi ultimi, i cui rappresentanti più in vista sono stati, soprattutto nel match di sabato, i vari Robinho, Seedorf e l’immancabile Emanuelson. I tre sono stati il simbolo del fallimento della scelta di Allegri di giocare senza una vera punta. Con uno stuolo infinito di centrocampisti avanzati e senza un vero attaccante di razza, la squadra rossonera si è mostrata, per tutto il primo tempo, incapace di offendere, di arrecare un pericolo che fosse uno alla porta di Handanovic. L’unico giocatore che nella prima frazione di gioco ha fatto movimento là davanti è stato, non a caso, il solo che possa essere annoverato tra gli attaccanti, El Shaarawy. Insomma, il modulo con quei tre non si può più proporre. Speriamo Allegri lo abbia capito. IN RIBASSO.

Chiara dimostrazione di quanto appena sottolineato è il fatto che, non appena il tecnico livornese ha deciso di dare più minuti del solito a Maxi Lopez, il Milan ha immediatamente cambiato marcia. Con una vera prima punta, anche El Shaarawy ha cominciato a essere più incisivo e il Milan ha creato, in venti minuti, tanti pericoli quanti non ne avrebbe portati in quattro partite con le mezze punte sopraccitate. I due attaccanti rossoneri sono la prova evidente che questa squadra, con un po’ più di freschezza atletica (il Faraone) e incisività (Maxi), può davvero andare lontano. Allegri farebbe bene a prendere in considerazione questa idea, quella del “nuovo che avanza”. IN RIALZO.

Se il Milan nel reparto offensivo ha dimostrato di avere valide alternative, non si può dire la stessa cosa per quello centrale, abulico, senza corsa e senza idee. “Merito” sì delle numerose defezioni, ma c’è da dire che chi c’è potrebbe, dovrebbe fare molto di più. E, in tal senso, anche la società avrebbe dovuto prendere seri provvedimenti nel corso del mercato di riparazione. Perché se per fortuna, facendo tutti gli scongiuri del caso, Boateng e Flamini sembrano essere sulla via del ritorno, un rinforzo di prima qualità per questo reparto (ci voglia perdonare Muntari) andava preso, e invece non è stato fatto, preferendo concentrare tutti gli sforzi sul sì forte, ma non si sa quanto utile alla causa, Tevez. Adesso speriamo solo che l’infermeria cominci a svuotarsi. IN RIBASSO.

Detto della prestazione di sabato, certamente non da Milan, occorre sottolineare che il risultato positivo dimostra comunque che la squadra non si è spenta, e che ha carattere. Rimontare un gol di svantaggio e battere l’Udinese al “Friuli” è cosa non da poco, mai riuscita a nessuno in questo campionato. E se non hai carattere, se non hai grinta, certi risultati non li puoi ottenere. Senza contare che vincere in questo modo a Udine è indubbiamente la medicina migliore al male da prestazione, può far riprendere fiducia nei propri mezzi all’intera rosa, può far risorgere un morale che, in caso di sconfitta, sarebbe finito sotto i piedi. E allora ci auguriamo che il Milan sappia cogliere questa carica positiva per riversarla nelle restanti partite di questo durissimo febbraio. IN RIALZO.

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