Grazie, Zar, per aver scritto la storia d’Europa!

Ci sono tante storie nel calcio. Di vittorie, di sconfitte, ma anche di amore. Perchè dove c’è lo sport, a volte, ci può anche essere quel qualcosa in più che in un rapporto fa scattare la scintilla. Come Andriy Shevchenko con i colori rossoneri. E così appena senti la parola Sheva ti torna subito in testa quello sguardo, nella lontana terra di Manchester, in quella lontanissima finale di Champions League del 2003, che ci paralizzò davanti al televisore: Sheva sul dischetto, uno sguardo all’arbirtro. Un altro sguardo all’arbitro. Quei secondi infiniti mentre corre verso il pallone. Piatto destro e poi quell’abbraccio con Dida come quando un bambino trova l’ultima figurina dell’album. Lo Zar d’Europa è sul tetto d’Europa.

Shevchenko non è il semplice bomber che ti fa vincere le partite: è il peso sulla bilancia che sposta gli equilibri. Quando è in campo lui, e lo si è potuto appurare nella partita inaugurale dell’Ucraina contro la Svezia, i padroni di casa giocavano in dodici. Senza dimenticare tutto il pubblico che si anima, quasi spinto da una forza mistica, quando in campo appare il numero 7. Numero sette: croce e delizia di Sheva. Ed è stato proprio quel sette a voltargli le spalle nel momento del bisogno: 2008, Sheva torna a Milano con la coda tra le gambe dopo la buia e Blues esperienza inglese. Un ritorno amaro, visto come è stato gestito poi il suo secondo addio, ma che non ha scalpito il ricordo che l’Usignolo di Kiev ha lasciato nella testa di ogni tifoso rossonero. E adesso vedere i campi di calcio senza Sheva sarà come andare a Milano e non trovare il Duomo, tutto perde di qualità.

Dopo l’eliminazione della sua Ucraina, Shevchenko ha deciso di passare il testimone come guida della nazionale e del Paese. Perchè lui era anche il capitano della sua nazione. Come la sua Dinamo Kiev, squadra nella quale è cresciuto e nella quale nel 2009 è tornato per chiudere definitivamente la sua infinita carriera. Perchè gli Zar, anche se non hanno più un regno, non smettono mai di primeggiare. Ma queste sono altre storie.

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