Ibra segna ma non basta: vince il cuore di Sheva

Dopo la noiosa sfida tra Francia e Inghilterra, la seconda partita del girone D ha visto protagoniste l’Ucraina, padrona di casa, e la Svezia. Gli occhi sono tutti puntati sui due grandi campioni dalle tinte rossonere: Zlatan Ibrahimovic, che rappresenta il Milan del presente, e Andriy Shevchenko, eroe di un passato mai dimenticato.

Il ritmo del match è stato inizialmente molto blando, con le due squadre che si sono studiate senza sbilanciarsi troppo. Dalla prima mezz’ora in poi, invece, il gioco si è vivacizzato, e le occasioni non sono mancate da entrambe le parti fino al termine della prima frazione di gara. Ma il risultato si sblocca al 7′ del secondo tempo, con Zlatan Ibrahimovic che insacca su cross di Kallstrom. Il vantaggio dura appena pochi minuti, poi Sheva con un gran colpo di testa pareggia il conto. La Svezia incassa il colpo e non riesce a reagire. Sheva, particolarmente ispirato, ne approfitta e segna il 2-1 con un guizzo di testa dopo un calcio d’angolo.

La prova di Ibra è stata sufficiente dal punto di vista dei numeri, con un gol, un palo, un assist al bacio e tanta voglia di lasciare il segno. Ma non è bastato. Il suo gol, il suo palo, il suo assist al bacio, la sua voglia non sono bastati. C’era determinazione, c’era rabbia, ma forse poco cuore. Poca complicità con i compagni, poco gioco di squadra. Il suo difetto è sempre stato quello di comportarsi da solista. Invece, certe partite, si vincono proprio con la forza del gruppo, con l’aiuto reciproco, sopperendo alle fatiche di uno, agli errori di un altro. Significa sentirsi parte di un progetto, di un obiettivo comune. Questo, Ibra, a volte tende a dimenticarlo.

Invece, l’altro rossonero, rossonero nel cuore, nel cuore di tutti, ha segnato, stupito, chi lo dava ormai per finito. Ha dimostrato che l’età non può nulla di fronte a un sogno, di fronte al sogno di una vita. Giocare per la sua nazione, nella sua nazione. Il culmine, forse il termine, di una carriera straordinaria come la sua. Sheva rappresenta il Milan di ieri, quello giovane, appena nato, di Carlo Ancelotti, quello vincente, esuberante e determinato. Sheva significa Manchester, Scudetto, Pallone d’Oro.

Sheva e la nostalgia di quel tempo, del suo tempo. E Ibra, simbolo di un Milan allo sbando, che vende (?) il difensore più forte del mondo per un mucchio di soldi, che sa, che non serviranno a comprarne un altro altrettanto forte.

Questa sera ai milanisti che hanno guardato comodi in poltrona Ucraina-Svezia, è sembrato di non vedere tutto quel giallo-blu delle bandiere sventolate dai tutti gli angoli dello stadio. Di bandiere ne hanno viste due ed entrambe rossonere. La prima con gli occhi da cerbiatto e due gol dritti dritti nella mente dei nostalgici; l’altra, ancor più familiare perchè più recente, con un gol al netto ma con un pò di nero di troppo.

 

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