Superpippo è per sempre: quando il cuore supera la ragione

“Voglio rivincire la Champions da allenatore”. Parole e musica di Filippo Inzaghi in arte “SuperPippo”, che ufficializza con queste dichiarazioni la sua nuova carriera da allenatore, dopo aver accettato la proposta della società di Via Turati di sedere sulla panchina degli Allievi Nazionali del Milan. Ora i casi sono due. Uno che inizia ufficialmente una nuova carriera e esordisce con una frase del genere, o pecca di una bella dose di presunzione,o sa davvero come si fa a vincere la Coppa dalle grandi orecchie. E Inzaghi ha legato in maniera indelebile il suo nome su quella Coppa. La settima bellezza che abbellisce la bacheca del Diavolo è arrivata con una sua doppietta in finale e la sesta, a colpi di doppiette e triplette che “la leggenda del gol” sfornava nei primi turni contro Bayern, Deportivo ed Ajax.

Mi dispiace ma cari tifosi rossoneri, purtroppo, avete capito bene. Uno fra, se non il, calciatore più amato da noi che abbiamo il Milan del Dna dell’ultimo decennio ha deciso di lasciare per sempre il calcio giocato. L’addio al Milan era stato già ufficializzato più di due mesi fa dopo la sua ultima partita ed il suo ultimo indimenticabile gol con la maglia rossonera contro il Novara, ma dalle sue parole traspariva la voglia di continuare ad inseguire un pallone e far gonfiare la rete. Un’esperienza all’estero, magari in America o in  Canada assieme a qualche suo compagno di avventure a Milanello, o continuare a sudare e a lottare nel suo campionato fra le fila di Atalanta o Parma? Il dubbio sembrava esclusivamente quello, ma ancora una volta Superpippo ha saputo stupire tutti.

Ed allora scarpette al chiodo sì, ma la maglia rossonera no. Quella rimane attaccata addosso magicamente come una seconda pelle. Una scelta di cuore? Noi presumiamo di sì. Per chi ha imparato ad amare Pippo in questi undici anni sa che ha sempre avuto, ma soprattutto continuava ad avere, l’entusiasmo di un ragazzino che ha come unico obiettivo quello di battere il portiere avversario, perché poter gridare “Gol” per lui è sempre stato meglio di un orgasmo. Il Milan è la sua chiesa, i tifosi rossoneri i suoi estasiati devoti, Milanello la sua casa. E quindi, se la si vede in questo modo, la sua scelta non fa una piega. Sicuramente perché dettata da una vera e propria fede, ma anche perché sospinta da un sogno, un sogno che ogni comandante di una panchina insegue per un’intera carriera e al quale, Filippo Inzaghi da Piacenza, ha confessato già di farci un pensierino con le sue primissime dichiarazioni.

Ancora non sappiamo se, e quando, qualcuno indosserà la sua maglia in rossonero. Quel numero nove che, nel grande Milan dell’era Berlusconi, hanno indossato rigorosamente andando a ritroso, Lui, George Weah e Marco Van Basten. Un’eredità da far tremare i polsi a chiunque, un’eredità che di certo non potrà essere colmata nei cuori dei tifosi milanisti. Io, come voi, non dimenticherò mai i suoi movimenti goffi ma unici in area di rigore, le sue azioni sporche ma terribilmente efficaci tanto da far ammattire le difese avversarie, la sua rapacità davanti alla linea di porta con la quale si è guadagnato l’immortalità da bomber spietato.

E, senza dubbio, in qualche fredda domenica pomeriggio d’inverno, in cui il Diavolo magari starà soffrendo contro qualche provinciale di quelle che in Serie A si difendono in nove dietro la linea della palla, a qualcuno dalla Sud verrà il magone ed il coro: “Ohi ohi ohi…ohi ohi ohi…Pippo Inzaghi segna per noi” si alzerà al cielo del Meazza, contribuendo a far restare Superpippo nella leggenda.   

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