Saldi, saldi, saldi. Un mercato da precari veri o presunti

“Thiago Silva e Ibra restano al 99%” disse colui che poi, volente o nolente, fu costretto a venderli. Nel mezzo tanto di teatrino con la rinuncia alla prima offerta per il brasiliano: “Ci siamo guardati intorno e non abbiamo trovato nessuno che facesse al caso nostro” disse lo stesso. Poco dopo quello diventò Yanga Mbiwa, avvenente francese del Montpellier per il quale il Milan ha messo sul tavolo, udite, udite, un’offerta cash. Rifiutata la medesima ecco spuntare, quasi dal nulla, Cristian Zapata. Basterebbe questo per capire. Insomma, se vuoi costruire una casa non parti distruggendo le fondamenta.

Ma noi milanisti siamo strani. O forse no. Forse, anche dal punto di vista calcistico, dobbiamo adattarci alla crisi e, come un qualsisi precario dei giorni nostri, siamo costretti a vivere giorno per giorno non sapendo bene quello che ci spetta. Forse, sapendo questo potremmo accettarlo, magari non capirlo, ma accettarlo, non di buon grado, ma accettarlo. Abbiamo vinto per oltre 25 anni, cosa sarà non ripetersi per un paio?

Poi, quasi agli sgoccioli del calciomercato, arriva Bojan e i dubbi e le perplessità aumentano. Come, un precario che si compra una macchina di lusso? Ok, Bojan lo abbiamo preso in prestito, allora rifaccio. Come, un precario che mantiene una macchina di lusso? (Tralasciamo il fatto che poco prima lo stesso percario, da precario vero, quella volta sì, aveva cercato Ze Eduardo, l’usato nemmeno troppo sicuro e che l’alternativa all’ex Barcellona era Bendtner, uno che quasi fa un altro mestiere. Tralasciamo). Ma un precario non si fa carico di macchine costose quando non può comprare i beni di prima necessità.

Ma, già detto, noi milanisti siamo strani. Perché? Semplice, i beni di prima necessità li lasciamo per ultimi sul carrello della spesa, con tanto di brividio di non riuscire a comparli perché abbiamo finito i soldi. Ecco quindi che dopo Bojan (3 milioni di euro di stipendio per valorizzare un giocatore che nemmeno è tuo) e Niang (una costosa scommessa da 2 milioni di euro) si prova a prendere un centrocampista centrale. Il pane mentre il supermercato sta chiudendo.

Certo, ci sono i saldi. Ah, ma allora se ci sono i saldi il banco salta. “Non possiamo permetterci Ibra” e poi lo svedese arriva con un Robinho qualsiasi al seguito. “Non cerchiamo centrocampisti” ed ecco Nocerino last minute. Tutta merce, buona, buonissima, di fine mercato. Perché coi saldi si risparmia. Ma se il prodotto che ci serve fosse finito? E se qualcosa bloccasse la trattativa all’ultimo secondo? Una penna che non funziona, un agente bloccato nel traffico. Non può andare sempre bene, vale la pena il rischio di buttar via una stagione? Di non mangiare?

Chissà, chissà. Probabile che anche i fiscalisti spagnoli facciano i saldi di questi tempi perché dopo mesi ad inseguire Kakà questa storia della legge Beckham, tra l’altro risaputa, spunta fuori solo ora.

Ma sì, facciamocene una ragione: siamo precari e senza programmazione. Forse. Anzi, meglio, senza programmazione e basta.

 

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