Pazzini si danna l’anima, ma il gioco lo condanna

Bologna ormai è un ricordo sbiadito. La tripletta messa a segno alla prima da titolare resta, per ora, un fuoco di paglia. Ma Giampaolo Pazzini non ci sta. Lui, l’attaccante chiamato a sostituire Zlatan Ibrahimovic e a ripercorrere le orme di un altro bomber di razza come Filippo Inzaghi, si danna come un matto per invertire la rotta intrapresa da lui e la squadra. I risultati però sono ancora lontani, lontanissimi e la colpa principale non è la sua.

Il gioco della squadra, poco finalizzato ai cross, non è ancora per il “Pazzo”. Troppe palle lunghe, difficili da raggiungere per un giocatore che non fa della velocità e della profondità la sua arma migliore e le occasioni per lasciare il segno latitano tanto quanto i punti in campionato. Il secondo tempo contro la Lazio lascia però vedere un barlume di speranza. Emanuelson a destra, in 45 minuti ha fornito all’ex Inter più palloni giocabili di quanto non siano riusciti Boateng, Abate ed Antonini messi insieme.

Ora starà ad Allegri prima e a Pazzini poi, il compito di favorire e sfruttare quel tipo di palloni. La voglia e la carica agonistica che il classe 1984 ha fatto vedere sabato scorso sono indubbiamente un punto da cui ripartire. Il recupero di Pato, più tagliato per giocare sulla velocità, potrebbe però complicare i piani di conquista di Giampaolo, troppo penalizzato da diversi fattori.

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