9 e 10, quando la cautela è un ordine

È bastato un solo gol, al termine di una prova piuttosto anonima, per tornare a gridare al nuovo miracolo Alexandre Pato. Miracolo perché a volte la sensazione è che sia un miracolo vederlo ancora giocare, correre, divertirsi senza la paura che un minima disattenzione, un piede messo giù male, una brusca “frenata” possano costargli altri mesi in infermeria. E allora via alla celebrazione dopo un pareggio in casa, figlia più del bisogno di positività in casa rossonera che del risultato stesso, ovviamente. Via all’esaltazione, da zero a cento in ventiquattro ore, sublimata ieri dal cosiddetto Q&A, una sessione su Twitter che ha permesso ai suoi fan di porgli qualsiasi domanda con la possibilità di avere una risposta diretta dal “Papero” nel giro di circa quaranta minuti.

I principali “topic”? Il fatto che il suo giorno più bello in rossonero sia stato quello dei festeggiamenti dello scudetto in Duomo, che sia un sogno per lui indossare la maglia numero 9, ma anche la scoperta della carbonara come suo piatto preferito, dell’amore per il gelato al cioccolato, del velato “remind” al suo rapporto presidenziale nel momento in cui una fan gli chiede di sposarlo. Come una star. Come una superstar. Ciò di cui lui in questo momento, con buona pace dei rossoneri che hanno potuto interagire con lui, non ha proprio bisogno. E la situazione riporta inevitabilmente a Kevin Prince Boateng, un altro elemento che, quanto a social network, certo non si risparmia: non è difficile trovare sui suoi account, giorno per giorno, frasi o foto che ne dipingano un profilo sempre più lontano da quello di un atleta.

Sono due ragazzi giovani, sono belli e ricchi, hanno tutto dalla loro. Caso vuole, però, che al momento siano anche il “9” e il “10” del Milan. E se oggi come oggi è vero che i numeri sulla maglia non contano più, è anche vero che lo stile da leader, al momento, sembra stare da tutt’altra parte, laddove invece proprio il comune cambio di maglia li dovrebbe avere implicitamente investiti di una responsabilità ancora non “consumata”. Il Milan per ora ha una sola certezza: Stephan El Shaarawy. Nessun numero particolare sulle spalle, cresta un po’ appariscente, ma testa sempre meno calda. Lontani i tempi delle reprimende di Gennaro Gattuso, lontano anche chi inevitabilmente lo metteva in ombra e gli lasciava solo le briciole, Zlatan Ibrahimovic. Il presente parla egiziano, pardon, italo-egiziano. Un concetto che sia ben chiaro sull’asse Ghana-Brasile.

(Christian Pradelli per IlSussidiario.net)

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