Tanto materiale su cui lavorare. Il coraggio può essere la svolta

L. Dimitri – Leccesport.it

A pochi minuti dalla fine della prima frazione di gioco, Massimiliano Allegri sembrava un uomo in preda ad una crisi di nervi e sull’orlo del baratro. Non riusciva proprio a capire come si poteva stare sotto di due gol sui primi due ‘fortunosi’ tiri in porta dell’avversario nonostante la sua squadra avesse giocato con personalità e grinta e non meritasse il doppio svantaggio. Gli eventuali complimenti su un altro ulteriore cambio di modulo (l’ennesimo in questa stagione) erano stati vanificati dalle solite colossali ingenuità della terza linea ‘da film dell’orrore’ rossonera. In testa c’era già la rivoluzione a fine primo tempo. Poi è arrivata la magia del Faraone ed è cambiato tutto.

Il tecnico livornese ha pensato bene di scendere di nuovo in campo con gli stessi effettivi del primo tempo. Ma,  in realtà, la squadra, che pur non era affatto dispiaciuta e aveva disputato un primo tempo coraggioso, aveva delle evidenti incongruenze tattiche. Il centrocampo tornato a tre, ma con il macchinoso De Jong in mediana, il sempre positivo e sempre più leader Montolivo limitato nel suo raggio d’azione in mezzala e il volenteroso, ma ancora lontano dalla forma migliore, Nocerino, non ha convinto. Sono sembrati troppi due mastini a centrocampo che insieme non riuscivano a beccare un passaggio giusto. Il 4-3-3 ha un senso se si vuole dar maggior copertura alla difesa, certo, ma, soprattutto se i centrocampisti hanno la capacità di inserirsi e rendersi pericolosi. Ed allora perché De Jong?

Poi c’è Boateng. Ancora un fantasma, ancora lontanissimo dagli standard a cui ci aveva abituato. La brutta copia sbiadita del ‘Principe’ che aveva fatto innamorare San Siro continua a trascinarsi in campo con la maglia numero 10, che di certo non sta aiutando il ghanese a scrollarsi di dosso qualche paura di troppo che sembra avere ogni volta che scende in campo. Ieri qualche segnale di miglioramento e di crescita si è visto, ma è davvero troppo poco per uno che si pensava potesse fare la differenza. Continua a cercare la giocata che potrebbe sbloccarlo con insistenza, ma così non migliora la situazione e finisce per sbagliare anche le cose più semplici. Forse per lui sarebbe necessario, al momento, un ritorno alle origini. Infatti, visto che le giocate ed i colpi ad effetto non gli riescono più, farebbe bene a ripartire dalle cose semplici. Da mezzala potrebbe limitarsi alla copertura e ai passaggi in verticale, potendo sfruttare al meglio le sue doti di inserimento e da tiratore. Sarebbe un modo per liberarlo un po’ dalle responsabilità che si deve prendere un trequartista e, in questo modo, avrebbe anche molto più senso un 4-3-3 (o 4-2-3-1) con Kevin Prince e Nocerino a cercare gli inserimenti da mezzala e Montolivo a ricamare calcio al centro.

Resta la convinzione, inoltre, che il potenziale offensivo del Milan si potrebbe sfruttare meglio. Bojan ha ancora una volta dimostrato di sapersi muovere ed amare i movimenti da trequartista e di preferire di gran lunga l’agire dietro ad una prima punta. Invece è stato ancora una volta impiegato come ‘falso nueve’ ruolo in cui non si trova a casa sua, e il suo continuo svariare di ieri sera lungo tutto il fronte offensivo lo ha dimostrato ancora una volta. El Sharrawy, sempre più uomo in più di questa squadra, potrebbe fare ancora più male se agisse più vicino alla porta e partisse dietro ad una punta che gli facesse anche un po’ di lavoro sporco. Ma, purtroppo, al San Paolo i cambi sono arrivati troppo tardi. Pazzini, o Pato che sia, magari lo stesso Niang che ha dimostrato di volersi mettere in mostra, sarebbero potuti essere più utili alla causa se schierati una decina di minuti prima. Di tempo ancora ce n’è, anche se la classifica continua ad essere orribile e fa male a chi ama il Milan, ma serve più coraggio e soprattutto c’è bisogno di sfruttare al meglio le capacità dei giocatori che si hanno. Mettere le pedine al punto giusto, dimostrare coraggio per tutti i 90′ e non solo quando si è sotto e si tenta l’assalto finale.

 

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