É tornato il tutto fare, ora Allegri ha un’arma in più

L’importanza di chiamarsi Binho. Oscar Wilde ci perdonerà sicuramente se abbiamo osato prendere in prestito il titolo di una delle sue opere più famose (“L’importanza di chiamarsi Ernesto”), ma in questo caso non c’era esordio più opportuno. Robson de Souza, meglio noto come Robinho, è stato uno dei pupilli di Allegri da quando entrambi sono arrivati a Milanello. Dopo la dipartita di tutti i big, era uno di quelli da cui ci si attendeva di più, uno di quelli che dovevano fare la differenza, insomma il top player del nuovo Milan.

Invece, dopo un ottimo precampionato, il brasiliano si è subito infortunato alla prima giornata contro la Samp e da lì praticamente non c’è mai stato. Qualche spezzone di gara al rientro contro Parma ed Inter e di nuovo noie muscolari. Ora, da qualche partita, sta cercando di recuperare condizione e ritmo gara e lentamente ci sta riuscendo. Fin qui solo degli spezzoni, ma quello a Napoli è stato decisivo. Un assist al bacio per il raddoppio di El Shaarawy e poco più ma quel che basta per destare l’impressione che, Binho recuperato al 100%, possa dare tanto a questa squadra.

Il brasiliano è l’unico per caratteristiche che può fare il regista d’attacco di questa formazione esia con il 4-2-3-1 che con il 4-3-1-2, potrebbe essere una pedina preziosa. Da trequartista puro ed unico dietro alle due punte o in mezzo, ma anche largo, se si gioca con i tre trequartisti dietro l’attaccante.  Bisogna ancora perfezionare i meccanismi in attacco (fase nella quale i rossoneri sono sembrati, El Sharaawy a parte, ancora non in grado di finalizzare la mole di gioco creata), magari non riproponendo più Boateng esterno destro, ruolo lontanissimo dalle corde del Tedesco-Ghanese, ma riportandolo in mediana ad aggiungere muscoli al centrocampo, ed inserendo un giocatore più fantasioso nel tridente. Magari proprio Robinho.

 

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