Albertini: “Milan, rischia l’uno contro uno e non difenderti troppo”

Demetrio AlbertiniOggi è il vice Presidente della Federcalcio, ieri era un canterano rossonero che per 6 mesi (nel 2005, ndr) è stato blaugrana e ha vissuto gli albori di una squadra destinata poi a diventare la più forte al mondo. Il Corriere della Sera sceglie Demetrio Albertini per inquadrare una delle sfide di Champions più affascinanti e lui con precisione analizza: “La filosofia di gioco del Barcellona è basata su un possesso palla non sterile: aggrediscono gli avversari nella loro metà campo. Li inducono a difendere sempre più indietro, così guadagnano metri. Pian, piano gli avversari sono costretti a retrocedere e quando i blaugrana sono vicini all’area, con le punte che hanno non faticano ad entrare”.

Il consiglio quindi è solo uno, ma determinante: “Il Milan non deve tornare troppo indietro. In fase di possesso deve rischiare di andare qualche volta l’uno contro uno. Gli attaccanti non possono fare i difensori, se Boateng o Pazzini sono a 40 metri della porta non possono fare male”. Questo senza dimenticare che: “Il calcio è lo sport di squadra dove più spesso avviene il ribaltamento dei pronostici“. Per quanto riguarda l’assenza forzata di Balotelli: “E’ un punto di riferimento importante perché è un giocatore di qualità. Ma se un uomo da solo non può vincere una partita, quindi non sarà l’assenza di un attaccante a pregiudicare l’esito della gara“.

Sulle vittorie della squadra catalana indipendentemente da chi siede in panchina: “La differenza la fa il senso di appartenenza. Ovvero lo stesso fattore che ha permesso al Milan degli anni Novanta o al grande Ajax di conseguire dei successi. C’è stato un momento al Milan che c’erano 14-15 giocatori non dico italiani, ma di Milano. Questo conta”. Analogie con Atene ’94? “All’epoca il Barcellona era favorito perché al Milan mancavano Baresi e Costacurta, ma avevano vinto 2 Champions consecutive, la squadra c’era. Ora è diverso”.

La voglia, espressa da Barbara Berlusconi in persona, di imitare il modello blaugrana deve essere supportata da un’attenta programmazione, altrimenti: “I giovani si trovano con responsabilità più grandi di quelle che in teoria aspetterebbeo loro. Poi – prosegue – bisogna cambiare mentalità e smettere di pensare che un giocatore che viene dalla Primavera debba farsi le ossa in Serie B prima di tornare alla base”.

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