Dal Genoa al Genoa: un girone fa, El Shaarawy decisivo nel giorno dei suoi vent’anni. L’ex sarà ancora implacabile?

Milan-Genoa (SpazioMilan)Oggi, un girone dopo, si può parlare di rimonta del Milan in campionato solo “grazie” al girone d’andata, quasi da retrocessione. Quattro mesi fa, lo sappiamo bene, i rossoneri avevano conquistato solo 8 punti in 7 giornate ed erano in piena zona Serie B, ma 4 mesi dopo la classifica dice Champions League (anche se la lotta è ancora lunghissima). La squadra non è cambiata poi tanto: si è infortunato gravemente De Jong, è stato ceduto Acerbi, è arrivato Balotelli.

Circostanze importanti che però, da sole, non sono le principali artefici della metamorfosi del Diavolo, capace di sconfiggere anche il Barcellona e costringerlo alla famosa, ma mai verificata, remuntada. Semplicemente, e menomale, sono cresciute le prestazioni di parecchi giocatori: Zapata, Constant, Flamini, Muntari, Pazzini. Solo alcuni dei “nuovi” innesti che Allegri ha saputo gestire, caricare e mettere in campo. Ma la vera forza del dopo-Olimpico contro la Lazio è stata la conferma nel corso dei mesi, delle partite, delle vittorie ma anche delle sconfitte, del vero simbolo di questo Milan. Stephan El Shaarawy. Dal Genoa al Genoa.

La squadra che lo ha scoperto, cresciuto, valorizzato e poi ceduto, prima in prestito al Padova, nel 2010, e poi al Milan, nell’estate 2011. Con il Genoa ha esordito in Serie A il 21 dicembre 2008 diventando il più giovane esordiente nella storia della squadra ligure ed entrando a far parte dei primi dieci in assoluto, ha vinto un Campionato una Coppa e una Supercoppa Primavera. Contro il Genoa, il 28 ottobre scorso, ha segnato il gol decisivo dell’1 a 0, un successo che ha significato la vera rinascita dei rossoneri.

Era il giorno del suo compleanno, il primo rossonero, il 20esimo, in cui Ambrosini fu costretto ad ammettere la sconfitta e pagare la scommessa (anzi, vacanza) promessa ad inizio stagione. Quel sigillo pesante a San Siro rappresentò il 7mo centro stagionale, il sesto in campionato: nessuno, forse nemmeno lui, avrebbe potuto pronosticare che da lì in avanti il numero sarebbe quasi triplicato, con alcuni mesi in solitaria come capocannoniere della massima serie (oggi è secondo dietro a Cavani). Storia di un Faraone ambizioso e di un Milan cambiato. Oggi, un girone dopo.

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