Teniamoci El Shaarawy. Con Tevez vinci ma… Il progetto dov’è?

A. Sironi - Caporedattore SpazioMilan.it
A. Sironi – Caporedattore SpazioMilan.it

“Nessuno è incedibile”. L’ultima volta che lo abbiamo sentito, l’estate scorsa, dopo pochi giorni abbiamo salutato Thiago e Ibra. Forse proprio perché memori di questo abbiamo paura che possa succedere di nuovo. Un altro cambiamento radicale, altri mesi persi a cercare di costruire l’amalgama giusta tra vecchio e nuovo. Ma meglio la sincerità ispirata dalla MSC Crociera, che invece le false promesse stile “Thiago e Ibra restano al 99,9%”. Meglio ricordare agli abbonati, o a chi intende sottoscrivere l’abbonamento per la stagione 2013/14, che con una campagna acquisti aperta gli uomini “copertina” potrebbero allo stesso modo essere ceduti. Ad oggi uno come El92, ha detto bene ieri De Sciglio, ormai è diventato un simbolo. Uno di quei giocatori che tutti, anche chi non segue il calcio, identificano con quella maglia e quei colori.

I simboli in quanto tali non andrebbero mai toccati, ma con il piccolo Faraone si è fatto addirittura qualcosa di più. Non è solo colui che da settembre a gennaio ha tenuto a galla il Milan sia in Campionato che in Champions, ma è anche colui che per tutta la scorsa estata è stato designato come volto del nuovo Milan: giovane e di prospettiva. Premetto che, prendendo per vera l’offerta del City di 20 milioni per Tevez, con l’ex coppia del City in attacco e magari un investimento a centrocampo, il divario con la Juve si annullerebbe e si potrebbe davvero tornare a pensare in grande, almeno in Italia. Così però, andando a prendere un classe ’84 in sostituzione di un ’92, si sconfesserebbe un progetto. Lo spot “i top player li costruiamo in casa” non vale già più? Carlitos è già al top, costante fame di vittoria e cattiveria agonistica da fare invidia a chiunque, e uno così lo vorrebbe davvero chiunque, ma diventerebbe un simbolo al contrario, simbolo di un Milan che in realtà questo progetto lo ha a parole e poco in testa. Le cifre, qualora venissero confermate, sono indubbiamente importanti, ma il solo prenderle in considerazione lascia intendere che gli strascichi di un finale di campionato deludente un segno lo hanno lasciato: e se fosse un fuoco di paglia? Un po’ come Pato, eletto a eroe ancor prima che lo diventasse. I giovani, quante volte lo sentiamo dire, bisogna aspettarli, con la consapevolezza che grandi prestazioni possano alternarsi a fasi di buio che però corrispondono a periodi di crescita. L’Apache sarebbe funzionale al nuovo modulo, più di El Shaarawy, ma se l’obiettivo fosse quello di vincere subito, perché non tenere uno tra Thiago-Ibra lo scorso anno?

Restando in tema di simboli, un giocatore che lo è stato per 18 anni da luglio non sarà più a Milanello. Massimo Ambrosini si ferma a Siena, negli occhi l’espulsione e il modo, poco carino, in cui gli è stato comunicato che il suo contratto non sarebbe stato rinnovato. Raggiunti limiti d’età, stesso ragionamento che la Juventus aveva fatto con Del Piero. Il calcio sta cambiando, non solo perché i giocatori sono diventati tutti mercenari, qualcosa si muove anche nelle società sempre meno propense alla riconoscenza verso chi ha fatto la storia. Che poi, con un De Jong al rientro da un infortunio importante, un altro anno al Max, anche solo come sostituto, non sarebbe stato il caso di farlo?

Twitter: @arisiro92

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