Abbiati: “Non importa quanto, conta parare ancora per il Milan. Ma andare via per un po’ è stato l’ideale. Sulla Champions 2003…”

abbiati milan-torino (spaziomilan)“Appena mi hanno convocato, mi sono presentato in sede per firmare. Il dottor Galliani mi ha fatto la sua proposta e io l’ho accettata con entusiasmo. Sono felice di continuare a giocare nel Milan e darò sempre il massimo per questa maglia, a prescindere da quanto giocherò: il tempo passa per tutti, è normale che un giorno non sarò più titolare e diventerò il secondo il portiere. E poi magari il terzo, se avrò la fortuna di rimanere qui. La voglia di parare è ancora tanta e finché reggono le ginocchia vado avanti. In carriera rifarei praticamente tutto, essere andato via dal Milan (dal 2005 al 2008, ndr) mi ha aiutato tantissimo: ho visto realtà diverse, ho avuto la fortuna di giocare all’estero e non lo dimenticherò mai”.

Amore, grinta e pugni chiusi per Christian Abbiati che, in un’intervista esclusiva al mensile ufficiale rossonero “Forza Milan!”, ha parlato del suo rinnovo, meritato ma non così scontato. E’ stato il primo prolungamento annuale per un over-30 di questa estate, un segnale importante, deciso. L’anno prossimo il numero 32 di quasi 36 anni sarà ancora il riferimento tra i pali del Milan, con un Gabriel in rampa di lancio da svezzare.

Spazio ai ricordi. Dai derby prima di Manchester 2003 fino ad Istanbul, passando per il 6 a 0 contro l’Inter del 2001: “Prima dei derby di Champions di dieci anni fa c’era una tensione al di fuori del normale, perché si disputavano a distanza di una settimana e chi vinceva si sarebbe giocato la Champions. Se a questo aggiungiamo la rivalità cittadina… In quei giorni Milanello era strapiena di giornalisti, una cosa stressante ma piacevole. La sconfitta che mi ha pesato di più? Istanbul, quando avevo 21 anni ed in 3 minuti uscimmo dall’Europa contro il Galatasaray. Quello più bello, ovviamente il derby del 6 a 0: non ero in campo, ma ogni azione era un gol!”. Sullo spogiatoio: “Quest’anno è uscito qualcosa sul clima che c’era all’interno. Negli anni è stato molto compatto. Ma di recente è vero, è più difficile da gestire: ormai le telecamre entrano ovunque”.

Ed ancora Abbiati: “La vera soluzione da adottare nel calcio sarebbe quella di diminuire il numero delle partite, così si evitano un sacco di infortuni verso fine stagione. Adesso quando scendo in campo sono sereno, merito dell’esperienza. E’ aumentato anche l’entusiasmo, solo le energie sono diminuite: con il tempo impari a gestirti fisicamente e mentalmente ogni giorno. Come Inzaghi? Sì è vero, solo che lui stava attento anche al cibo, mentre se io voglio mangiare qualcosa la mangio… L’allenamento dei portieri è concentrato sulla forza: cadi, ti rialzi, cadi, ti rialzi… I miei compagni invece lavorano più su fisico e corsa. Il preparatore più forte? Beniamino Abate, precisissimo. Tra dieci mi immagino allenatore dei portieri, lo spero. Ho già cominciato a muovermi per questo ed in futuro mi piacerebbe aggregarmi a qualche amico per decidere se ne vale la pena o meno. Stadio? L’esperimento della Juventus è riuscito, i tifosi sono veramente attaccati. Ma San Siro ha sempre il suo fascino e quando è pieno non ha rivali. In Italia c’è troppa pressione mediatica: impossibile abolire i ritiri come in Inghilterra, mentre in Spagna quando ero all’Atletico Madrid c’era più calma e tranquillità a ridosso del fischio d’inizio. Brocchi? Lo sento spesso, è un calciatore generoso e rispettoso. Si è rimesso in gioco e non ha sprecato l’occasione”.

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